Feb 25 2009

MINACCIATA LA LIBERTA’ DI STAMPA: FNSI-FIEG, BATTAGLIA CONTRO NORME-BAVAGLIO

Category: Media e informazione,Società e politicagiorgio @ 06:12

ROMA – Sarà battaglia contro il disegno di legge sulle intercettazioni per impedire che passino le cosiddette norme-bavaglio per i giornalisti: è quanto promette la Federazione Nazionale della Stampa, oggi affiancata dalla Fieg in un affollato incontro – organizzato insieme all’Ordine dei giornalisti e all’Unci – che ha unito cronisti, politici, associazioni. 

Un fronte ampio e agguerrito riunito nella sede del sindacato dove si sono alternati gli interventi con qualche momento di tensione, quando hanno preso la parola Maurizio Gasparri e il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. 

Ad aprire i lavori, il presidente della Federazione Roberto Natale: “Vogliamo difendere gli interessi generali. E faremmo di tutto, compresi presidi davanti al Parlamento, per cambiare un testo contro l’opinione pubblica che ha il diritto a essere informata. Il giornalismo è unito in questa battaglia”. 

A spiegare le ragioni degli editori Carlo Malinconico, presidente della Fieg: “In particolare, preoccupano due aspetti del lodo Alfano: uno riguarda la cronaca giudiziaria, l’altro l’organizzazione dell’impresa editoriale. Il diritto di cronaca viene intaccato fortemente quando si vieta la pubblicazione di atti non coperti da segreto. L’altro aspetto riguarda l’organizzazione. Se l’editore, in quanto persona giuridica, viene sanzionato, finisce con il sovrapporsi alla figura del direttore responsabile, alterando gli equilibri all’interno dell’azienda”. 

Donatella Ferrante, capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, ha parlato di “oscurantismo totale”, mentre Beppe Giulietti ha definito la legge “ineffabile e inefficace”, bocciandola senza appello. E ha ipotizzato forme di obiezione di coscienza di massa. Concetto ripreso da Marco Travaglio che ha escluso ogni possibilità di mediazione: “Questa legge più lurida la fanno e maggiore è la possibilità che venga fulminata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Europea di Giustizia”. 

Durissima la critica al testo fatta da Giuseppe Cascini, segretario dell’Anm. “Una legge – ha detto – distante da ogni realtà. Mi chiedo quale mondo abbia immaginato chi l’ha scritta. Se passasse, i giornali sarebbero bianchi per il 70-80%. Pensate, non si potrebbe nemmeno scrivere su un necrologio: ‘barbaramente ucciso’ perché sono parole estratte da atti”. 

Cascini ha anche espresso preoccupazione per la riduzione degli spazi investigativi perché, di fatto, verrebbero abolite le intercettazioni. A questo punto è entrato in scena Gasparri secondo il quale sul diritto di cronaca e sul carcere per i giornalisti si può anche discutere ma sulle intercettazioni ha detto: “C’é stata una stagioni di abusi ed eccessi. Basta con questo carnevale”. 

Per Antonio Di Pietro, la legge è un attentato allo Stato di diritto, mentre il sottosegretario Caliendo ne ha difeso l’impianto. Michele Vietti (Udc), quasi in chiusura, ha annunciato la propria battaglia in Parlamento sui punti in discussione che, se non cambieranno, non avranno il voto del suo partito. A chiudere il padrone di casa, Franco Siddi: “Questo convegno dimostra che un cambiamento importante c’é con il tavolo Fnsi-Fieg”. “Ma – ha spiegato prendendo le distanze da Di Pietro e Travaglio – prima di ricorrere alla Corte Costituzionale si ha il dovere di dire che bisogna fermarsi a un passo prima dall’orrore. Noi chiediamo che sia espunta le parte contestata. Pensiamo che la battaglia si debba fare adesso”.

 

Fonte: ANSA 2009-02-24

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Feb 23 2009

LO SCONCERTANTE RETROSCENA DELLA LEGGE SULLA PRIVACY

Category: Cronaca e notizie,Società e politicagiorgio @ 16:02

A differenza di ciò che molti credono la legge sulla privacy non fu creata nel 1996 (Legge 31/12/1996 n. 675) per adeguare l’italia alle norme internazionali sul trattamento dei dati personali ma per depistare e indottrinare l’opinione pubblica del Norditalia in merito alla evidenza sulla provenienza della criminalità. 

La stragrande parte della criminalità nel Nord è causata da immigrati e meridionali, dalle rapine agli stupri, dagli scippi agli omicidi “passionali”, agli omicidi “per futili motivi”. 

Un esempio: il cosiddetto “Tribunale per i diritti degli immigrati” ha chiesto ed ottenuto che non si menzioni nei giornali la nazionalità dei criminali minorenni  e avrebbe voluto che non la si dicesse neanche per i criminali adulti. 

Così si ha un bel dire che “anche nel Nord ci sono le baby-gang”. 

Con la legge sulla privacy è misteriosamente scomparso anche il fenomeno dei “pendolari della rapina”, meridionali che vengono a rapinare il Nord per poi tornare ai paesi di origine, salvo poi dire che “statisticamente c’è più criminalità al Nord che al Sud”.


Al contrario quando in episodi criminosi sono coinvolti settentrionali (o quantomeno persone con cognomi che sembrano del Nord) nomi e cognomi vengono sbandierati impunemente anche in aperta violazione della stessa legge sulla privacy. 

Un tipico esempio di violazione palese della legge è la vicenda di Cogne dove nomi e cognomi, perfino dei testimoni di secondo piano, sono stati fatti dai mass media per far vedere che non c’entravano dei meridionali!

ALCUNI “MODELLI” STILISTICI DELLA FALSIFICAZIONE MASSMEDIATICA CONNESSI ALLA LEGGE SULLA PRIVACY

Bisogna ricordare che dietro la falsificazione giornalistica vi sono accurati studi condotti da semiologi, sociologi e psicologi per cui niente è lasciato al caso sebbene in qualche caso le esigenze giornalistiche facciano emergere la verità

I crimini commessi da meridionali e immigrati, specialmente se musulmani, vengono ignorati, minimizzati o vengono omessi i nomi e cognomi per non fare capire l’origine etnica della criminalità

La violenza sulle compagne “italiane” da parte di mariti o fidanzati immigrati viene omessa o travisata per favorire la formazione di “coppie miste” veramente italiane

Quando avvengono episodi tipo accoltellamenti, furti, scippi i giornali scrivono “si sospettano balordi DEL LUOGO” o alludono ad un coinvolgimento di qualche familiare delle vittime.

Totale occultamento della cosiddetta “microcriminalità” come il numero spaventoso di furti nelle case che avvengono tutti i giorni anche nelle località più isolate.

Quando tali crimini avvengono nel Nordest scrivono “si pensa ad affiliati alla MALA DEL BRENTA”.

In caso di arresto di criminali meridionali o stranieri si fa sapere di loro di tutto, dall’età al numero di scarpe al luogo di RESIDENZA, ma non il nome o il luogo di ORIGINE che invece vengono accuratamente sbandierati in caso di criminali con cognomi del Nord.

In caso di baby-gang i giornali scrivono “ragazzi di BUONA FAMIGLIA” per fare credere che si tratta di gente del luogo e non di immigrati che nella quasi totalità quantomeno capeggiano le gang. 

E quando sono costretti a menzionare i giovani stranieri questi sono sempre i più buoni, i più bravi, i primi della classe.

Quando si scopre che i “balordi” non erano affatto “del luogo” o che la mala del Brenta non è arrivata fino in Calabria la notizia, quando viene data, viene relegata in un trafiletto visibile a pochi lettori dotati di buona vista.

 

Fonte: fottilitalia.com


Feb 23 2009

Abrogare la legge sulla Privacy

Category: Società e politicagiorgio @ 15:36

 

La legge sulla privacy è stata tirata in ballo per giustificare la legittimità del divieto alle intercettazioni, discussione di questi giorni. Finalmente si riesce a capire meglio il vero scopo della legge sulla privacy, nata in teoria per difendere gli interessi dei comuni cittadini, di fatto utile solo a politici e potentati per censurare e difendere i loro interessi.

La privacy, infatti, viene mille volte tranquillamente violata da aziende che continuamente e ripetutamente ti chiamano a casa a tutte le ore del giorno, anche se hai più volte precisato che non autorizzi loro a farlo, e dagli stessi politici (vi ricordate gli sms inviati a gran parte dei nostri cellulari?) e alla fine ti chiedi: ma a che serve questa legge se non posso veramente averne un beneficio, se non a costo di diverse centinaia di euro da spendere tra avvocati e cause varie? se alla fine solo gli operatori commerciali onesti ne sono coinvolti in senso negativo, mentre quelli poco onesti (dovrei dire disonesti) continuano a fare quello che vogliono, con il vantaggio di aver eliminato la concorrenza “corretta”?

Propongo un referendum per l’abrogazione di quella che a mio parere è la più grande legge censura-truffa, camuffata da legge a favore dei cittadini.

 

Fonte:  srs di Nicola Boccardi- da www.ilretegiornale.it


Feb 23 2009

La privacy serve a terroristi, criminali, evasori e corrotti.

Category: Media e informazione,Società e politicagiorgio @ 14:09

Jacopo Fo

La privacy serve a terroristi, criminali, evasori e corrotti.

 

Fonte: da srs di Jacopo Fo – 04,10,2005


Feb 22 2009

Biodiversità umana: tutte le lingue in pericolo nell´Atlante Unesco.

LIVORNO. L´Unesco ha lanciato a Parigi la versione internet del suo nuovo Atlante delle lingue in pericolo nel mondo. Questo strumento interattivo propone dati aggiornati su circa 2.500 lingue in pericolo nel nostro mondo globalizzato e può essere completato, corretto, attualizzato in diretta grazie al contributo dei suoi utilizzatori. L´Atlante è stato presentato alla vigilia del 21 febbraio, giornata internazionale delle lingua materna e permette di ricercare, secondo diversi criteri e classificazioni, le 2.500 lingue in pericolo di estinzione divise in: vulnerabile, in pericolo, sériamente in pericolo, in situazione critica ed estinta dopo il 1950.



«Alcuni di questi dati sono particolarmente inquietanti – spiega la nota di presentazione dell´Unesco – su circa 6.000 lingue esistenti nel mondo, più di 200 lingue si sono estinte nel corso delle ultime tre generazioni, 538 sono in situazione critica, 502 seriamente in pericolo, 632 in pericolo e 607 vulnerabili». 



199 lingue sono ormai parlate da meno si 10 persone, alter 178 hanno ormai tra 10 e 50 locutori. Tre i linguaggi ormai praticamente morti e dimenticati viene citato il Manx, la parlata tradizionale dell´isola di Man, estinto nel 1974 con la scomparsa di Ned Maddrell; l´Aasax della Tanzania, estinto nel 1976, l´Ubykh della Turchia, sparito nel 1992 insieme al signor Tevfik Esenç, l´Eyak dell´Alaska, scomparso nel 2008 con la morte di Marie Smith Jones.



Il direttore dell´Unesco, Koïchiro Matsuura, ha detto che «la scomparsa di una lingua porta alla sparizione di numerose forme del patrimonio culturale immateriale, in particolare della preziosa eredità costituita dalle tradizioni e dalle espressioni orali, dai poemi alle leggende, fino ai proverbi e ai motti di spirito, della comunità che le parla. La perdita delle lingue avviene così a detrimento del rapporto che l´umanità intrattiene con la biodiversità, perche esse veicolano numerose conoscenze sulla natura e l´universo». 



Alla redazione dell´Atlantte hanno collaborato più di 30 linguisti che con questo imponente lavoro dimostrano che il fenomeno della scomparsa delle lingue si manifesta in tutti I continenti e in condizioni economiche molto diverse tra loro. Nell´Africa sub-sahariana, dove vengono parlate circa 2.000 lingue diverse (un terzo del totale mondiale) è probabile che nei prossimi cento anni ne scompaiano il 10%. 



In India, Usa, Brasile, Indonesia e Messico, Paesi con grande diversità linguistica al loro interno, sono anche quelli che contano il maggior numero di lingue in pericolo di estinzione. In Australia l´inglese sta mettendo a rischio o degradando 108 lingue. 

In Italia le lingue a rischio sono 31: 5 sono seriamente in pericolo (Töitschu, Croato del molise, Griko del Salento, Griko della Calabria e Gardiol); 22 in pericolo (Occitano, Franco-provenzale, Piemontese, Ligure, Lombardo. Mocheno, Cimbro, Ladino, Sloveno, Friulano, Emiliano-romagnolo, Faetano, Arbëreshë-Albanese, Gallo-siciliano, Campidanese, Logudorese, Catalano-algherese, Sassarese e Gallurese, Corso), 4 sono vulnerabili (Walzer-Germanico, Veneto, Napoletano-calabrese, Sicilano).



L´Unesco avverte che «La situazione quale presentata nell´Atlante non è però sistematicamente allarmante. Così Papua Nuova Guinea, il Paese che registra la più grande diversità linguistica del pianeta (più di 800 lingue vi sarebbero parlate) è anche quello che ha relativamente meno lingue in pericolo (88)». 



Così come, anche se nell´Atlante vengono classificate come estinte, alcune lingue sono oggetto di un´attività di riscoperta e rivitalizzazione il Cornique (Cornovagliese) o il Sîshëë della Nuova Caledonia ed è possibile che queste lingue morte risorgano a nuova vita. 



Inoltre, grazie a politiche linguistiche favorevoli, diverse lingue autoctone vedono aumentare i loro locutori. E´ il caso dell´Aymara centrale e del Quetchua in Perù, del Maori in Nuova Zelanda, del Guarani in Paraguay e di diverse lingue amerindie (ed inuit) in Canada, negli Usa e in Messico. L´Atlante dimostra anche che una stessa lingua a destini diversi, per ragioni economiche, per le politiche linguistiche e per fenomeni sociologici, a seconda dei Paesi in cui viene parlata la stessa lingua non mantiene la stessa vitalità. 



Per Christopher Moseley, un linguista australiano che ha curato la pubblicazione dell´Atlante, «Sarebbe naif e semplicistico affermare che le grandi lingue che sono state lingue coloniali, come l´Inglese, il Francese e lo Spagnolo) sono dappertutto responsabili dell´estinzione delle altre lingue. Il fenomeno di un sottile equilibrio di forze rilevato in questo Atlante permette ad ognuno di comprendere meglio questo equilibrio».

 

Secondo l’Unesco, quindi le Nazioni Unite, le lingue in pericolo parlate nello Stato italiano sono 31. 

Secondo lo Stato italiano (Legge 482/99), le lingue in pericolo parlate nel suo territorio sono 12.

 Non sarebbe forse ora – anche per lo Stato italiano, così come per gli altri Stati –  di mettersi al passo con la civiltà anche per quanto riguarda questo delicatissimo argomento, sempre più attuale in un periodo come questo, in cui ci troviamo a fare i conti con il più disastroso fallimento della globalizzazione e della sua ideologia culturalmente genocida? Non c’è altro da aggiungere, a questo punto. 

 

Fonte: Linguedialetti.splinder.com


Feb 20 2009

Il decalogo del perfetto mafioso

Category: Regno delle Due Sicilie,Società e politicagiorgio @ 08:49

 

I precetti mafiosi secondo Lo Piccolo

Dalla fedeltà all’obbedienza al boss, dalla moderazione nei costumi ad una rigorosa morale sessuale. Ecco il decalogo del “perfetto mafioso”.

Primo comandamento: “Non ci si puo’ presentare da soli ad un altro amico nostro, se non è un terzo a farlo”. 



Secondo comandamento: “Non si guardano mogli di amici nostri”. 



Terzo comandamento: “Non si fanno comparati con gli sbirri”. 



Quarto comandamento: “Non si frequentano né taverne e né circoli”. 



Quinto comandamento: “Si è il dovere in qualsiasi momento di essere disponibile a cosa nostra. Anche se ce (testuale ndr) la moglie che sta per partorire”. 



Sesto comandamento: “Si rispettano in maniera categorica gli appuntamenti”. 



Settimo comandamento: “Si ci deve portare rispetto alla moglie”. 



Ottavo comandamento: “Quando si è chiamati a sapere qualcosa si dovrà dire la verità”. 



Nono comandamento: “Non ci si puo’ appropriare di soldi che sono di altri e di altre famiglie”.

Decimo comandamento: è il piu’ articolato e fornisce indicazioni precise sulle affiliazioni, ovvero su “chi non puo’ entrare a far parte di cosa nostra”. L’organizzazione pone un veto su “chi ha un parente stretto nelle varie forze dell’ordine”, su “chi ha tradimenti sentimentali in famiglia”, e infine su “chi ha un comportamento pessimo e che non tiene ai valori morali”.

 

 

Fonte: TGCOM


Feb 17 2009

LA CARTA DI CHIVASSO (19-12-1943) – Alle radici della Lega Nord

(Nella eterna speranza che la capiscano anche i giornalisti)

Questo importante documento firmato da autorevoli esponenti della resistenza antifascista piemontese attesta come le idee di identità dei popoli, autonomia e federalismo fossero ben presenti al momento di ricostruire sulle rovine lasciate dal fascismo una società moderna e realmente democratica.

Le notevoli intuizioni storiche in esso contenute ed il bene che ne sarebbe derivato dalla sua applicazione,  sono state invece ignorate sia dal Partito comunista, il cui atteggiamento in materia seguiva la più rigida impostazione accentratrice giacobina e leninista,  sia dalla Democrazia cristiana, fortemente legata agli interessi della burocrazia romana lasciata in eredità dal vecchio regime.

DICHIARAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DELLE POPOLAZIONI
ALPINE

Carta redatta a conclusione di un convegno
clandestino tenutosi in  Chivasso il 19-12-1943 e
firmata dai resistenti

Émile Chanoux,   Ernesto Page,
  Gustavo Malan,   Giorgio Peyronel,   M. A. Rollier,
 Osvaldo Coisson,

e nota come:   CARTA DI CHIVASSO.

NOI POPOLAZIONI DELLE VALLI ALPINE

CONSTATANDO che i venti anni di mal governo
livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto
brutale e fanfarone di “Roma doma” hanno avuto per le
nostre valli i seguenti dolorosi e significativi
risultati:

a)  OPPRESSIONE POLITICA attraverso l’opera dei suoi
agenti politici ed amministrativi (militi, commissari,
prefetti. federali, insegnanti), piccoli despoti
incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale di
cui furono solerti distruttori;

b)  ROVINA ECONOMICA per la dilapidazione dei loro
patrimoni forestali ed agricoli, per l’interdizione
della emigrazione con la chiusura ermetica delle
frontiere, per l’effettiva mancanza di organizzazione
tecnica e finanziaria dell’agricoltura, mascherata dal
vasto sfoggio di assistenze centrali, per la
incapacità di una moderna organizzazione turistica
rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che
determinarono lo spopolamento alpino;

c)  DlSTRUZIONE DELLA CULTURA LOCALE per la
soppressione della lingua fondamentale locale, laddove
esiste, la brutale e goffa trasformazione dei nomi e
delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di
istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è
anche una ricchezza ai fini della emigrazione
temporanea all’estero;

AFFERMANDO

a)  che la libertà di lingua come quella di culto è
condizione essenziale per la salvaguardia della
personalità umana;

b)  che il federalismo è il quadro più adatto a fornire
le garanzie di questo diritto individuale e collettivo
e rappresenta la soluzione del problema delle piccole
nazionalità e la definitiva liquidazione del fenomeno
storico degli irredentismi, garantendo nel futuro
assetto europeo l’avvento di una pace stabile e
duratura;

c) che un regime Federale repubblicano a base
regionale e cantonale è l’unica garanzia contro un
ritorno della dittatura, la quale trovò nello stato
monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto
per il proprio predominio sul paese; fedeli allo
spirito migliore del Risorgimento

DICHIARIAMO quanto segue

AUTONOMIE POLITICHE AMMINlSTRATIVE

1)  Nel quadro generale del prossimo stato italiano che
economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia
organizzato con criteri federalistici, alle valli
alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di
costituirsi in comunità politico-amministrative
autonome sul tipo cantonale;

2)  come tali ad esse dovrà comunque essere assicurato,
quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto
nelle assemblee legislative regionali e cantonali;

3)  l’esercizio delle funzioni politiche ed
amministrative locali (compresa quella giudiziaria)
comunali e cantonali, dovrà essere affidato ad
elementi originari del luogo o aventi ivi una
residenza stabile di un determinato numero di anni che
verrà fissato dalle assemblee locali;

AUTONOMIE CULTURALI E SCOLASTICHE

Per la loro posizione geografica di intermediarie tra
diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni
e della loro personalità etnica, e per i vantaggi
derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle
valli alpine deve essere pienamente rispettata e
garantita una particolare autonomia culturale
linguistica consistente nel:

1)  diritto di usare la lingua locale, là dove esiste,
accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici
e nella stampa locale;

2)  diritto all’insegnamento della lingua locale nelle
scuole di ogni ordine e grado con le necessarie
garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino
idonei a tale insegnamento.

L’insegnamento in genere
sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un
consiglio locale;

AUTONOMIE ECONOMICHE

Per facilitare lo sviluppo dell’economia montana e
conseguentemente combattere lo spopolamento delle
vallate alpine, sono necessari:

1)  un comprensivo sistema di tassazione delle
industrie che si trovano nei cantoni alpini
(idroelettriche, minerarie, turistiche, di
trasformazione, ecc.) in modo che una parte dei loro
utili torni alle vallate alpine, e ciò
indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o
meno collettivizzate;

2)  un sistema di equa riduzione dei tributi, variabile
da zona a zona, a seconda della ricchezza del terreno
e della prevalenza di agricoltura foreste o
pastorizia;

3)  una razionale e sostanziale riforma agraria
comprendente:

a)  l’unificazione per il buon rendimento dell’azienda,
mediante scambi e compensi di terreni e una
legislazione adeguata della proprietà famigliare
agraria oggi troppo frammentaria;

b)  l’assistenza tecnico-agricola esercitata da
elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio
delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di
cui alcune potranno avere carattere agrario;

c)  il potenziamento da parte delle autorità della vita
economica mediante libere cooperative di produzione e
consumo;

4)  il potenziamento delle industria e
dell’artigianato, affidando all’amministrazione
regionale cantonale, anche in caso di organizzazione
collettivistica, il controllo e l’amministrazione
delle aziende aventi carattere locale;

5)  la dipendenza dall’amministrazione locale delle
opere pubbliche a carattere locale e il controllo di
tutti i servizi e concessioni aventi carattere
pubblico.

Questi principi, noi rappresentanti delle
Valli Alpine vogliamo vedere affermati da parte del
nuovo Stato italiano, così come vogliamo che siano
affermati anche nei confronti di quegli italiani che
sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio
politico straniero.

Fonte: Europa al plurale


Feb 17 2009

I popoli sanno sfidare i loro governanti

Category: Autonomie Indipendenze,Società e politicagiorgio @ 08:57

Solo così si puo cambiare davvero il destino di un paese

Un’altra questione deve essere sollevata e discussa: e cioè se il ricorso alla “disobbedienza civile” costituisca una prerogativa da riconoscere a ciascun cittadino, e da esercitare individualmente o in forma collettiva.

Alla prima domanda si deve rispondere affermativamente: ogni persona, in quanto titolare di diritti  naturali indisponibili, è legittimata a partecipare alla “disobbedienza civile”, quando sussistano naturalmente i presupposti più sopra illustrati.

Ma circa l’esercizio di tale prerogativa, sembra evidente che esso debba spettare ad una pluralità consistente di cittadini.

Non credo che per dare vita a una campagna di “disobbedienza civile” sia “necessario creare un movimento o un partito appositi; tuttavia, penso che questo salutare strumento di lotta politica, per essere efficace (al limite: irresistibile) debba radicarsi nelle convinzioni di uno strato abbastanza diffuso della società.

In un determinato momento storico, la ribellione pacifica dei cittadini può cambiare il destino di un Paese soltanto se essa diventa la bandiera di un gruppo che, oltre ad avere dimensioni estese, possegga al suo interno un minimo di organizzazione e quindi esplichi capacità operativa.

Il carattere collettivo di una protesta aggiunge a quest’ultima  un “plusvalore” indispensabile.

E questa considerazione introduce ad un ultimo argomento.

Mi rendo conto che agli occhi delle persone più timorate e amanti dell’ordine (ad ogni costo) la proposta disegnata in queste pagine di una concreta e organica “disobbedienza civile”, possa rappresentare una prospettiva di instabilità e di contestazione delle istituzioni: la premessa ad un “disordine permanente”.

È una impressione profondamente sbagliata.

I popoli liberi e meglio ordinati sono quelli che si permettono ogni tanto di ribellarsi: che non temono di impugnare le decisioni dei loro governanti, ma che tornano poi ogni volta a rifondare, con più solida persuasione, l’ordinamento in cui vivono.

La “disobbedienza civile” è così una sorta di “valvola di scarico”, la quale consente ai cittadini di evitare il pericolo dell’obbedienza per abitudine o pigrizia, e quindi di recuperare una fiducia attiva e convinta nel resto delle istituzioni.

Fonte: srs di Gianfranco Miglio


Feb 17 2009

Il cittadino ha il diritto di ribellarsi

Category: Autonomie Indipendenze,Società e politicagiorgio @ 00:09

Giangranco Miglio spiega i fondamenti teorici dello sciopero fiscale contro i detentori del potere.

La ripulsa degli obblighi fiscali costituisce abitualmente insieme lo scopo e la modalità della “disobbedienza civile”. E non per caso.

L’appartenenza consapevole ad una qualsiasi convivenza civile e politica genera abitual mente l’impegno ad una contribuzione finanziaria (o a prestazioni in natura) finalizzata a remunerare i servizi offerti  dalla convivenza medesi ma ai suoi membri.

A rigore di logica, ogni individuo dovrebbe essere tenuto  a pagare soltanto le prestazioni di cui usufruisce personalmente,  secondo il modello del rapporto, di scambio in trattenuto con tutti gli altri suoi simili e che gli consente di sopravvivere.

Ma già la funzione “pubblica” fondamentale e originaria – che consiste nel garantire il rispetto dei contratti di scambio conclusi (pacta sunt servanda) e la sicurezza dei cittadini e dei loro beni comporta una spesa collettiva per la gestione degli strumenti necessari (magistrati, polizia etc.) coperta con la raccolta di tributi variamente ripartiti e riscossi.

È quasi inutile rammentare che, sulla base di questa primordiale obbligazione – con la crescita della cosiddetta “civiltà materiale”, e quindi con la moltiplicazione dei “bisogni” – si è stratificata una mole imponente di “spese” (e quindi di contribuzioni) la cui dilatazione ha coinciso con il rafforzamento incessante dell’autorità di chi governa: “avere potere” significa, prima di ogni cosa, essere in grado di togliere risorse finanziarie dalle tasche di alcuni cittadini per trasferirle a quelle di altri, o alla disponibilità privata di chi comanda.

E l’investitura politica, con il passare del tempo, è diventata soprattutto, e primariamente, “mandato a tassare”: cioè licenza che i cittadini (inconsapevoli) accordano ai governanti di manipolare i loro redditi, e dunque una ricchezza “privata”, la quale, se accumulata nel rispetto della legge, dovrebbe essere invece intangibile.

È evidente infatti che su quanto una persona guadagna – vivendo in mezzo ai suoi concittadini, scambiando le sue prestazioni con loro e osservando le regole giuridiche del “mercato” – nei concittadini stessi ne i detentori del potere possono vantare alcuna pretesa, fondata sul diritto naturale.

La norma contenuta nell’articolo 53 della Costituzione italiana: “Tutti sono tenuti a concorrere  alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, non si radica in una regola di diritto (il quale “diritto” è sempre e soltanto una realtà individuale: solo gli individui, infatti, sono soggetti di diritti, e non le collettività)  ma discende da una scelta ideologica assolutamente opinabile).

Secondo ragione quell’articolo dovrebbe recitare:

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche nella misura in cui  essi fruiscono delle stesse”

Neanche  i principi della “progressività” e della “proporzionalità” dell’imposizione fiscale nascono dalla logica del diritto, ma entrano in Costituzione perchè si fondano su una decisione di maggioranza, e dunque, in sostanza, sulla sopraffazione dei più a danno dei meno; perché nessuno riuscirà mai a dimostrare che ciò che piace a tre persone è “più vero” (o “migliore”) di quanto preferiscono due; e la regola della “maggioranza” riconduce ad una sola presunzione: quella della forza.

Analogo è il caso dei precetti che si vorrebbero derivare da un presunto impegno alla ”’solidarietà”, e cioè a giovare gratuitamente ai propri simili; rispettabile e nobile quanto si vuole, questo non è un dovere fondato sul diritto, ma un obbligo che nasce da una fede religiosa o da un codice etico secolare: valido soltanto per coloro che accettano quella fede o quel codice.

Ciò che manca è un “ponte logico” il quale consenta di passare dal coerente sistema dei diritti individuali ai presunti doveri verso il prossimo.

Non si può infatti pensare di vedere colmato questo vuoto dalla constatazione brutale che, se chi è in grado di guadagnare non rende partecipi della sua fortuna coloro i quali guadagnare non sanno, questi ultimi gli impediranno poi, presto o tardi, di sopravvivere.  Qui stiamo ragionando di diritti, e tutt’al più di diritti violati: non stiamo cercando di legalizzare la violenza.

Certo i detentori del potere, di ogni tempo e di ogni luogo, hanno sempre considerato gli averi dei sudditi (e poi dei cittadini) come pienamente disponibili, collocando i prelievi di ricchezza di gran lunga in prima fila tra gli atti di governo.

La situazione si è recentemente molto aggravata perché la natura, là struttura e la dimensione delle operazioni finanziarie rendono difficilmente percepibili tali “estorsioni”.

È notorio che, per accorgersi di un furto, bisogna avvertire materialmente l’atto dell’asportazione: se di una esportazione i danneggiati non si percepiscono l’effetto entro un certo arco di tempo, è come il se il furto non fosse mai avvenuto.

Esemplare a tale riguardo è l’esperienza che hanno fatto gli italiani .

Le colossali ruberie di denaro pubblico (e in parte più modesta anche privato) ad opera di personaggi e di affaristi politici, costituiscono una gigantesca sottrazione di risorse, perpetrata ai danni dei cittadini di questo paese.

Il fenomeno lo si sospettava (certo non nelle sue reali dimensioni macroscopiche): ma l’opinione pubblica non avvertiva, e non avverte nemmeno ora, l’impoverimento di cui è stata fatta segno.  Di modo che le reazioni sono tutt’al più desolate o ironiche: difficilmente riflettono l’indignazione e l’ira del derubato.

Senza dubbio, quando il prelievo, e soprattutto la sperequazione fiscale (vale a dire la cattiva amministrazione) incidono pesantemente e improvvisamente sul tenore di vita dei cittadini, questi ultimi si ribellano.

Non è un caso se le maggiori rivoluzioni politiche d’Occidente (quella puritana nell’Inghilterra del Seicento, e quella francese del 1789) sono state innescate da  gravi controversie in materia di tassazione.

Del resto tutti sanno che le istituzioni parlamentari – spina dorsale dei moderni regimi politici- sono nate proprio per garantire i cittadini dalla rapacità impositiva dei governanti:  “No taxation without representation!”..

E infatti i primi coaguli di “rappresentanza” si ebbero quando i principi cercarono di sostituire il non eccelso auxilium militare dei non-nobili con una contribuzione finanziaria (per comprarsi più efficienti mercenari).

La legittimazione della classe parlamentare si deformò nel tempo: ma, nella sua accezione originaria, il “mandato di rappresentanza” – che lega i cittadini elettori ai loro “procuratori” (deputati) – fu lo strumento adeguato attraverso il quale i soggetti “tassabili” negoziavano con i detentori del potere la natura e l’estensione delle imposte.  Sulla base dunque di una relazione schiettamente contrattuale.

Soltanto la progressiva trasformazione in senso assolutistico della sovranità (e la crescente arroganza di chi la detiene) hanno condotto a pensare invece l’autorità politica come depositaria della sapienza economica, e arbitra esclusiva della fortuna dei cittadini, ridotti, con le loro risorse e i loro beni, alla totale merce di chi quell’autorità impersona.

Le maggioranze parlamentari di oggi hanno raggiunto, in tema di asservimento fiscale dei cittadini, risultati che i principi assoluti di un tempo non si erano mai sognati.

Chi non appartiene alle, categorie dei privilegiati e dei protetti, è ormai un suddito “taillable et corvéable à merci”.

Il problema, naturalmente, non è di negare a chi comanda il potere di tassare: ma di discutere la struttura e l’incidenza del sistema impositivo e, soprattutto, la legittimità di talune imposte.

Fonte: srs di Rinfranco Miglio /Lo scritto è tratto da Disobbedienza Civile, Oscar Mondadori, 1993


Feb 15 2009

Dacia Valent: Italiani di m…a, Italiani bastardi

Category: Società e politicagiorgio @ 20:33

 

Dacia Valent, donna di colore nata a Mogadiscio, candidata ed eletta nelle file del Partito Comunista e del PDS e oggi di Rifondazione Comunista.

Mercoledì   1  ottobre 2008. alle ore 13.24, sul suo blog, Dacia Valent pubblicava  il seguente post.

Leggendolo, oltre al disgusto, se ne consegue che l’espressione «sporco negro» così come «bianchi italiani di merda » appartengono all’innata  cultura,  lessico e galateo di una  donna di colore, comunista, antiamericana e filo palestinese, il top del top del «vero e sincero pensiero democratico ».  Insomma,  a Dacia Valent  va riconosciuto il  contribuito «fare molta, ma molta   chiarezza». Davvero un eccellente risultato.

 

Italiani di merda, Italiani bastardi

Voi non riuscite nemmeno a immaginare quanto sia difficile per me scrivere, tentando di non ferire le vostre povere sensibilità di piccoli bianchi, totalmente ignoranti del loro passato di carnefici di neri, ebrei e musulmani.

Non conoscete nulla di quello che avete nel vostro DNA storico, vi riempite la bocca di ebrei solo per salvarvi la coscienza, raccontando di come gente tipo Perlasca – un fascista di merda che dovrebbe morire mille volte solo per essere stato fascista ed aver sostenuto fossanche per un solo minuto quel regime – ne ha salvato alcuni.

Siete un popolo senza futuro perché siete un popolo senza memoria.

Me ne fotto degli italiani brava gente. Anzi, mi correggo, me ne fotto degli italiani bianchi e cristiani, naturalmente brava gente.

Non lo siete.

Siete ignoranti, stupidi, pavidi, vigliacchi.

Siete il peggio che la razza bianca abbia mai prodotto.

Brutti come la fame, privi di capacità e di ingegno se non nel business della malavita organizzata e nella volontà delle vostre donne (studentesse, casalinghe, madri di famiglie) di prostituirsi e di prostituire le proprie figlie.

Anche quando dimostrate un barlume di intelligenza, questa si perde nei rivoli del guadagno facile e del tirare a fregare chi sta peggio di voi.

Nessuna delle vostre battaglie ha un senso per altri se prima non produce un tornaconto per voi stessi.

Dalla politica alla religione, dal sociale alla cultura, siete delle nullità.

Capaci di raccogliere firme e manifestare, salvo poi smentire con ogni vostro atto quotidiano quello che a grande voce dichiarate pubblicamente. Andate a marciare da soli, che marci siete e marci rimarrete e non vi voglio profumare.

Non avete una classe media, siete una penosa e noiosa classe mediocre, incivile e selvaggia. I giornali più venduti sono quelli che trattano di gossip e i programmi televisivi più gettonati – al fine di vendere le proprie figlie come bestiame, come le vacche che sono destinate inevitabilmente a diventare, vista la vostra genia – sono i reality.

Avete acclamato qualsiasi dittatore e sottoscritto qualsiasi strage, salvo poi dimenticarvene ed assurgere come vittime di un élite. Non avete un’élite, coglioni, fatevene una ragione: i vostri deputati e senatori sono delle merde tali e quali a voi, i vostri capitani d’azienda sono dei progetti andati a male dei centri di collocamento, ma che o avevano buoni rapporti famigliari o il culo l’hanno dato meglio di voi.

Non solo quelli al governo (o che fanno capo all’area governativa), anche e soprattutto quelli che fanno capo all’opposizione.

Da quelli oggi al governo non ci aspettiamo nulla se non quello che da anni ci danno: razzismo, esclusione, spedizioni punitive, insulti ed umiliazioni.

Ma da quelli all’opposizione, quelli che si sono arricchiti con anni di Arci, Opere Nomadi, Sindacati Confederali, e sempre sulla nostra pelle, facendoci perdere diritti che ormai davamo per acquisiti, ci aspettiamo che si facciano da parte.

Sono ormai troppi anni che deleghiamo le nostre lotte a persone che in teoria dovrebbero averle fatte proprie, dimenticandoci l’infima qualità dell’italiano pseudobianco e pseudocristiano: non vale un cazzo perché non ha valori che valgano.

Un popolo di mafiosi, camorristi, ignoranti bastardi senza un futuro perché non lo meritano: che possano i loro figli morire nelle culle o non essere mai partoriti.

Questo mondo non ha bisogno di schiavi dentro come lo siete voi, feccia umana, non ha bisogno di persone che si inginocchiano a dei che sia chiamano potere e denaro e nemmeno di chi della solidarietà ha fatto business.

Ha bisogno di altro, che voi non avete e quindi siete inutili.

Dite che non è così?

Ditelo ai Rom perseguitati in tutta Italia, ditelo ad Abdoul, ditelo ai 6 di Castelvoturno, ditelo a Emmanuel, ditelo ai gay massacrati da solerti cristiani eterosessuali.

Ditelo a mio fratello, bastardi.

Ditelo alle decine di persone vere, non zecche e pulci come voi, che non denunciano perché sanno che se vanno dalla vostra polizia bastarda e assassina li umilieranno e magari li picchieranno di più e forse li uccideranno come l’Aldro [ammazzato come un cane perché pensavano fosse un extracomunitario], e se sono donne le violenteranno, e non avranno nessuno a cui rivolgersi per essere difesi.

Ditelo a quelli che rinchiudete per mesi nei vostri campi di concentramento senza alcun genere di condanna, solo per gonfiare le casse di qualche associazione che finanzierà un qualche partito, generalmente di sinistra, ditelo a quelli che lavorano per i vostri partiti e sindacati da lustri senza avere un contratto ma in nero, ditelo a quelli che si sono fidati di voi per anni, ditelo a quelli che raccolgono l’ultimo respiro di quei maiali dei vostri vecchi, e a quelli che si sfilano dalle fighe delle nostre ragazze per infilarsi in quelle larghe e flaccide delle vostre donnacce, ditelo ai nostri ragazzi che vincono medaglie e che saranno il futuro di questo paese, ditecelo, figli di puttana.

Ditelo col cappello in mano, e gli occhi bassi, cani bastardi. 

Ma sappiate che la risposta ve l’hanno già data a Castevolturno: Italiani bastardi, Italiani di merda.

Io ci aggiungo bianchi, perché il discrimine è questo. 

Valete poco perché avete poco da dire e nulla da dare.

 

Dacia Valent

 

——–

 

PS

Oggi 25 agosto  2013 tramite il mio provider mi è arrivata questa segnalazione:

 

Gentile publisher,

Con la presente email le comunichiamo che è richiesta un’azione per rendere il suo account AdSense conforme alle norme del programma AdSense. Di seguito forniamo ulteriori dettagli, assieme alle azioni che deve intraprendere.

Sito web interessato: veja.it

Pagina di esempio dove è avvenuta la violazione: https://www.veja.it/2009/02/15/dacia-valent-italiani-di-merda-italiani-bastardi/?fb_action_ids=10151745203614346&fb_action_types=og.likes&fb_source=other_multiline&action_object_map=%5B10150981699051338%5D&action_type_map=%5B%22og.likes%22%5D&action_ref_map=%5B%5D

Azione richiesta: apporti le modifiche al sito entro 72 ore.

Stato dell’account corrente: Attivo

 

Spiegazione della violazione

 

ETICHETTE FUORVIANTI: i publisher non possono implementare gli annunci Google in modalità che celino l’annuncio. Ad esempio, non possono inserire annunci sotto intestazioni o titoli ingannevoli, in quanto ciò può indurre gli utenti a pensare che gli annunci siano link a siti correlati a tale intestazione. Per evitare questo problema, richiediamo ai publisher di utilizzare per gli annunci solo le etichette “Link sponsorizzati” o “Pubblicità”. Ulteriori informazioni su questa norma sono disponibili nel Centro assistenza alla pagina http://support.google.com/adsense/bin/answer.py?hl=it&answer=1346295#Placing_ads_under_a_misleading_heading

 

Come risolvere

Se ha ricevuto una notifica per quanto riguarda i contenuti della pagina, rimuova tali contenuti del sito oppure rimuova gli annunci dalle pagine in violazione. Se ha ricevuto una notifica in merito al modo in cui vengono implementati gli annunci sul suo sito, apporti i cambiamenti necessari alla sua implementazione degli annunci. Rivedremo automaticamente il sito fra 72 ore. Non occorre che ci contatti se apporta le modifiche. Tenga presente che se non vengono apportate modifiche entro il lasso di tempo richiesto, la pubblicazione degli annunci verrà disattivata sul sito interessato indicato sopra.

Inoltre, tenga presente che l’URL indicato sopra è solo un esempio e che le stesse violazioni possono essere presenti su altre pagine di questo sito web o di altri siti da lei posseduti. Per ridurre la probabilità che in futuro Google le invii altri avvisi, le consigliamo di controllare i suoi siti per verificarne la conformità. Per ulteriori informazioni sulle nostre notifiche per la violazione delle norme, consulti il nostro Centro assistenza alla pagina https://support.google.com/adsense/bin/answer.py?hl=it&answer=1378153&ctx=topic.

La ringraziamo in anticipo per la collaborazione Cordiali saluti, Il Team di Google AdSense

 

 

Risoluzione:  il tutto si risolve con togliere la parola “merda” dal titolo del post.

 

Capite qualche cosa voi? Io no…

Sa tanto e solo di censura

 


Feb 13 2009

Il buon politico

Category: Monade satira e rattatuje,Società e politicagiorgio @ 19:57

 

Il  buon politico trasforma ogni soluzione in un problema 


Feb 13 2009

Tasse, tasse, tasse

Category: Economia e lavoro,Società e politicagiorgio @ 09:41

 

La legittimazione del prelievo fiscale nello Stato moderno è lo strumento perfezionato del totalitarismo: grazie al suo aumento, al tempo stesso, si sviluppano gli apparati dello Stato, cresce la capacità di controllo sulla società e si riducono le libertà delle famiglie e delle persone (perché sempre più dipendenti dallo Stato e sempre più espropriate dei loro beni). 

Storicamente, è di sinistra l’aumento della pressione fiscale come mezzo per accrescere le funzioni dello Stato (e il relativo potere). 

E’, invece, di destra il proposito di restituire libertà economica con la riduzione del prelievo fiscale (e il relativo ridimensionamento della invadenza della iniziativa statale). 

Il binomio sinistra-tasse è storicamente inscindibile, tanto che la tassazione è il termometro per misurare il grado di spostamento o di collocazione a sinistra di una compagine governativa.

 

Fonte:nr


Feb 12 2009

Eluana, morte compatibile con protocollo, Lo ha detto il procuratore di Trieste Deidda.

Category: Giustizia Legula e Legulei,Società e politicagiorgio @ 22:18

 

Il procuratore chiama la morte assistita  “applicazione del protocollo”. 

Sono parole che mi evocano le inquietanti memorie e orrori del secolo  appena trascorso.

Se non sbaglio Rudolph Hess chiamava il campo di sterminio  Auschwitz: “campo di lavoro correzionale”, Lenin chiamava la pena di morte: “misura di difesa sociale”. Se non altro, è, una alterazione  del linguaggio


Feb 11 2009

Ma… una volta non erano i nazisti

Category: Società e politicagiorgio @ 06:55

 

 

Forse  a scuola mi hanno  raccontato  una balla, ma una volta, non  erano i nazisti che nei campi di sterminio sopprimevano  gli andicappati, i deformi, i disabili,  i malformati, i malati cronici e terminali?


Feb 09 2009

I giovani e lo sballo, ovvero la sindrome dei polli

Category: Società e politicagiorgio @ 11:33

 

Oggi lo sballo è di moda: il modus vivendi e l’ambiente “normali” a molte persone, soprattutto ai giovani, risultano noiosi e cercano di rompere la monotonia cambiando il risultato nella percezione dei loro sensi: una scarica di adrenalina insomma, piccola o grande, che si può ottenere circondandosi di colori accesi, sniffando coca, andando contromano in autostrada, gettando pietre dai cavalcavia e, al limite, ammazzando qualcuno, così, tanto per sfizio, l’importante è che sia diverso dalla realtà di tutti i giorni.

L’insieme di questi fenomeni li definirei come “sindrome del pollo in gabbia” come da ragazzo ho potuto constatare nelle grandi gabbie che mio padre aveva installato in soffitta per l’allevamento di questi pennuti: si beccavano a vicenda fino ad uccidersi. 

Al limite si potrebbe dire che le guerre siano necessarie per garantire all’uomo uno spazio vitale o quantomeno limitare l’affollamento su questo pianeta che non ha una superficie illimitata e quindi non può essere tale l’incremento demografico: se non ci pensa l’uomo a limitare le nascite ci penserà la natura (che non è né pietosa né comprensiva) con gli attuali effetti dello stress da sovraffollamento (tanto per cominciare), finendo con ben più drastiche conseguenze in campo alimentare ed energetico.

Vi pregherei di non replicare a questo post ma di digerirlo in silenzio. 

Italo

 

Fonte: srs di Italo


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