“Anima dulcis vivas mecu(m)”
“Che tu possa vivere con me, anima dolce”
Anello romano, IV secolo d.C.
Feb 15 2019
“Anima dulcis vivas mecu(m)”
“Che tu possa vivere con me, anima dolce”
Anello romano, IV secolo d.C.
Gen 21 2019
Stele di Isola Vicentina
Da Isola Vicentina (VI)
La xe stà proprio ’n avenimento stòrico sta scoperta; a no xe da tuti i dì tirar sù da soto tera na pria de tanti sècoi fà, co su scrito ’n po’ de ’a so storia. ’Lora, tornando indrìo ’tel tenpo, serchemo de saèrghene na s-cianta de pi.
Sirca diesemila ani fà, la nostra rejon veneta la jera ’ncora prijoniera rento na enorme grosta de giasso (Era Glaciale) ma pinpian, grassie a l’aiuto de ’n caldo e umido ventesèo, el giasso ga scumissià desfarse, provocando ’n cataclisma che ga roersà sotosora le montagne, canbiàndoghe parfin la facia a l’imensa pianura e fasendo sì che se formasse coline, lagheti e na distesa palude de sassi e paltan che faséa védare na desolassion che solo i raji del sole faséa ’ncora slúsare.
Xe passà i ani, xe passà i sècoli e soto ’a magia de ’a man del mistero xe sorta la vita, mace de fili de erba, maciuni de piantine carghe de foje e fiuri, e le montagnole xe deventà boscheti indóe ga catà rifujo animài come camossi, stanbechi e caprioli.
Continua a leggere”LA STELE VENETICA DI ISOLA VICENTINA….ANCA ISOLA ’NTE ’A PREISTORIA”
Dic 28 2018
Campi Elisi ne “Il gladiatore”
I Campi Elisi, o Eliseo erano, nella mitologia greca e romana, il luogo beato in cui dimoravano, terminata la loro esistenza, le anime di coloro che si erano dimostrati degni di tale ricompensa. Era insomma un equivalente del Paradiso cattolico, non beatificato da una presuntuosa presenza divina che non era ritenuta così appagante, ma da un territorio ideale, con paesaggio e clima splendido.
IN GRECIA
I Campi Elisi non sono sempre legati al merito, e soprattutto il merito è un concetto che cambia secondo le epoche e i punti di vista. Per esempio nell’Odissea, Omero annuncia che Menelao è destinato ai Campi Elisi, in quanto marito di Elena figlia di Zeus, pertanto l’aver sopportato di buon animo il tradimento della moglie diventa un merito agli occhi degli Dei. Una specie di nepotismo, che nulla ha a che fare con i meriti.
In realtà si tratta di un retaggio matriarcale per cui la regina sacerdotessa è più importante del re guerriero, in quanto la regalità è appannaggio della donna e l’uomo può acquisirla solo mediante matrimonio. Ne fa fede Egisto che diventa re perchè ha sposato la regina Clitennestra. Dunque tempo che vivi usi che trovi. I guerrieri morti in battaglia vanno nei Campi Elisi ma pure i filosofi, almeno in Grecia.
Omero, pone i Campi Elisi ai confini del mondo, facendone la sede di eroi sottratti al fato di morte per speciale privilegio, da identificare con le Isole dei Beati di cui parla Esiodo. Omero li descrive (Odissea – libro IV 702-712) come un susseguirsi di prati fioriti, senza mai freddo, o pioggia, o neve, ma con eterni soffi di zefiro, mandati da Oceano a rinfrescare gli uomini. Lì non ci sono malattie, nè sofferenze, nè morte.
Dic 02 2018
Stele funeraria di un cavallo ( I secolo d.C.) da Brescia. – Museo Lapidario Maffeiano (Verona)
” Tu che eri solito superare gli uccelli vaganti e vincere i venti, ora non pascoli più nei boschi toscani o siculi, ma in questa tomba.”
Al cavallo morto, raffigurato mentre incede verso sinistra, è dedicata l’iscrizione in versi nella parte superiore della stele.
Alcune lapidi funerarie di età romana, poste a ricordo di cavalli, sono state ritrovate anche in altri luoghi della Venetia, e questo è un elemento di grande interesse poiché attesta in epoca romana la continuità di una pratica funeraria diffusa presso i Veneti fin dall’età del Ferro ( peraltro noti allevatori di pregiate razze equine).
Essi usavano talvolta seppellire cavalli all’interno delle loro necropoli, sia in fosse semplici ed isolate dalle tombe degli uomini, sia in sepolture solidali, sia in veri e propri cimiteri di soli cavalli, come quello scoperto ad Este(Padova)
Sempre a Este una sepoltura di 22 cavalli disposti intorno a quelli di un cavaliere di rango.
Strabone ci racconta che gli antichi veneti sacrificavano i cavalli e li seppellivano, senza che le loro carni fossero state consumate dopo il sacrificio, per farne dono ai loro eroi defunti, aggiunge che sacrificavano cavalli bianchi a Diomede, un eroe greco reso celebre dall’Iliade di Omero.
Fonte: Museo Lapidario Maffeiano ( Verona )
Nov 25 2018
DI grifi del portale ovest del Duomo di Verona, opera di Niccolò, del 1139.
Animale fantastico, genericamente con becco e ali d’aquila e corpo di leone, il grifo può presentare varietà fisionomiche: grifo-uccello, con corpo di leone e testa di uccello, con o senza ali, zampe anteriori di rapace e posteriori di felino; grifo-leone, con corpo leonino, con o senza ali, e coda d’uccello (d’Agostino, 1994, p. 155).
Il tema iconografico ebbe origine in Mesopotamia e in Egitto intorno al 3000 a.C. (Bisi, 1965, p. 254), sebbene Erodoto (III, 116; IV, 13, 27) ritenesse il grifo originario della Scizia (d’Agostino, 1994, p. 156).
Controversa l’origine del nome: secondo Bisi (1965, p. 202) “i Greci coniarono per un motivo straniero un nome nuovo e prettamente ellenico”, mentre per altri la parola deriverebbe da una contaminazione con l’ebraico kerub, assimilabile ai cherubini dell’antica tradizione biblica, ovvero quelle sfingi alate a loro volta “derivate dal motivo dei grifi a guardia dell’albero della vita, frequenti sui sigilli siriaci e mitannici del secondo millennio a.C.” (Bussagli, 1991, p. 18).
Frequentemente raffigurato nell’arte achemenide della Persia, il grifo divenne per gli Ebrei il simbolo della dottrina persiana dei Magi (Chevalier, Gheerbrant, 1973).
Nov 24 2018
Verona . Le colonne annodate nella chiesa di San Zeno
Nel periodo1100 -1200 appaiono improvvisamente in Italia settentrionale per poi espandersi a nord delle Alpi un altro tema tipico della scultura lombarda: le Colonne annodate.
Uno dei primi esempi sembra essere alla Pieve di Gropina(AR) pieve del XII secolo costruita su una precedente costruzione longobarda. Le colonne ofitiche nel pulpito sono attribuite al periodo longobardo (VIII secolo) facendole in questo modo diventare le prime di cui sappiamo realizzate della serie. Il pulpito riporta l’incisione ‘Lex ius – Presbit Erum Bernardum … (scheggiatura del marmo)… – Mise Richordem. Anno Dominice – Incarnationis DCCCXXV I.R.F. Ecit’. Spesso colonne ofitiche e leoni stilofori coesistono insieme come a Modena o Ferrara. Cronologicamente la comparsa delle prime colonne annodate coincide con l’operare di Wiligelmo e della scuola Antelami.
ELENCO DI COLONNE ANNODATE IN ARCHITETTURA (È STATO INDICATO, DOVE È NOTO, IL TIPO DI PIETRA)
– Duomo di Ferrara, 1135, colonne ai lati del portone d’ingresso, poggianti su leoni stilofori nel protiro di Nicolò della scuola di Wiligelmo. Le colonne originali sono nell’atrio interno della chiesa. Una colonna annodata – di probabile epoca anteriore – è nella parte interna della facciata. Sono in rosso Verona.
– Chiesa Collegiale a S.Quirico d’Orcia (Siena),nel protiro della Collegiata dei Santi Quirico e Giuditta (XII e XIII sec.) su leoni stilofori. Travertino o arenaria locale
– Abbazia cistercense di Chiaravalle alla Colomba(PC)-1137; ai quattro angoli del chiostro quadrato in marmo rosa di Verona
Nov 19 2017
Ritrovato a Gerusalemme uno stabilimento termale romano.
Questa scoperta mostra con sorpresa che l’accampamento romano fosse stato molto più esteso di quanto si pensasse.
Sono state ritrovate diversi corredi intatti compreso anche le piastrelle che portavano incise lo stemma della Decima legione che distrusse il secondo tempio di Gerusalemme.
Questa scoperta aiuterà a capire i confini della vecchia Gerusalemme.
Il ritrovamento del marchio della Decima Legione, inciso sia sulle tegole del tetto sia nei mattoni di fango gettato in opera, ci indica che furono direttamente i soldati romani a costruire l’intera struttura.
Sembrerebbe che il bagno pubblico sia stato utilizzato dagli stessi soldati che presidiarono quei luoghi e furono gli artefici della repressione della rivolta di Bar Kokhba nel 135 d.c.
Le strutture rinvenuto comprendono una serie di vasche intonacate nel fianco di una piscina e della pavimentazione bianca a mosaico.
Centinaia di piastrelle di terra cotta che erano collocate sul tetto sono state ritrovate sul pavimento della piscina, dimostrando che la stessa era provvista di una copertura.
Le piastrelle di questi bagni sono timbrate con i simboli LEG X FR (legione Decima “Fretensis” ).
La città romana di cui questo bagno faceva parte era chiamata Aelia Capitolina e la sua completa comprensione servirà per determinare come le vecchie mura di Gerusalemme erano disposte.
Fonte: http://edition.cnn.com/ (novembre 2010)
Fonte: da antikitera del 23 novembre 2010
Limk: http://www.antikitera.net/news.asp?ID=9522&TAG=Antichi%20Romani&page=12
Nov 08 2017
Il sito di Bard all’incirca all’Età del Rame (metà IV – fine III millennio a.C.). Per quanto riguarda gli scivoli, questi appartengono ad un’epoca successiva, dal momento che hanno parzialmente cancellato le figure a cui sono sovrapposti.
Un rito di fertilità è un rituale religioso che rimette in scena un atto sessuale o un processo riproduttivo. Già nelle pitture rupestri erano rappresentati animali in procinto di accoppiarsi. Tale raffigurazione la possiamo considerare come un rito di fertilità magica. Queste ritualità avevano lo scopo di assicurare la fecondità della terra o di un gruppo di donne.
Inizialmente il culto della fertilità era legato alla Grande Madre, generatrice e portatrice di fecondità. L’uomo primitivo rappresentava la Madre come una donna formosa con il ventre marcato per simboleggiare la fertilità.
A partire dal VIII millennio prima della nascita di Cristo si assiste alla proliferazione di raffigurazioni femminili legate al culto della fertilità. Il passo successivo è legato all’acquisizione del valore miracoloso della roccia. In questo contesto si inserisce lo studio legato agli scivoli della fertilità, massi utilizzati dalle donne che desideravano procreare.
Perché le pietre? Per la coscienza religiosa dell’uomo primitivo, la durezza, la ruvidità e la permanenza della materia sono una rivelazione del divino. La pietra è, rimane sempre se stessa, perdura nel tempo e colpisce. Ancora prima di afferrarla per colpire, l’uomo urta contro la pietra, non necessariamente con il corpo, ma per lo meno con lo sguardo. In questo modo ne constata la durezza, la ruvidità e la potenza. La pietra gli rivela qualcosa che trascende la precarietà dell’esistenza umana.
Continua a leggere”GLI SCIVOLI DELLE DONNE E IL RITO DI FERTILITÀ”
Nov 05 2017
La PIANTA ANGELICA è una grande pianta prospettica della città di Vicenza, realizzata in epoca rinascimentale e conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma, da cui prende il nome. Si rifà alle vedute di città in voga nel Cinquecento, in primis quella di Venezia realizzata da Jacopo de’ Barbari nel 1500.
di Andrea Kozlovic
[saggio di Andrea Kozlovic con l’avvertenza che era già stato pubblicato nel numero 2 di Storia Vicentina del giugno/luglio 1994]
Vicenza, municipium di diritto romano dal 49 a.C., fu, durante i secoli d’oro dell’impero, piccola città della X^ Regio Venetia et Histria, ricca però per industrie, commerci, agricoltura. Testimonianza di questa opulenza, legata anche al fatto che la città era attraversata dalla via Postumia, la presenza di un acquedotto della lunghezza di più chilometri ed i cui resti sono ancora visibili poco lontano dalla città, in contrà Lobia, di un grande teatro, di ricchi mosaici pavimentali, di iscrizioni a carattere pubblico e privato. Ma anche Vicenza romana, i cui termini andavano all’incirca dall’attuale Porta Castello all’altura di Santa Corona e dalla fine di contrà Porti, dove inizia la bassura di Pusterla, a ponte San Paolo, verrà colpita come il resto dell’impero dalla crisi del IV-V secolo. Nel 451 d.C. la città verrà a trovarsi lungo l’itinerario di Attila, subendo, come molte altre città dell’Italia nord-orientale, un saccheggio che la tradizione ricorda tremendo. Vicenza farà parte poi, dopo la fine dell’impero romano d’occidente, del regno gotico e puntualmente la tradizione ricorda una visita di Teodorico alla città dove nel teatro romano di Berga concedeva contributi per il restauro di edifici in rovina.
Del successivo, breve, periodo bizantino seguito alla guerra greco-gotica, a Vicenza non rimangono tracce. Solamente un’iscrizione, nella basilica di San Felice, ricorda un ufficiale di nome Johannes, originario della lontana Armenia e che morì nella città berica in epoca imprecisata attorno alla metà del VI secolo. Secondo quanto scrive Paolo Diacono, i Longobardi – sotto la guida di re Alboino – lasciarono la Pannonia il 2 aprile del 568, lunedì di Pasqua – diretti in Italia. Forum Julii, l’odierna Cividale, Cèneda e Treviso furono le prime città conquistate; fu poi la volta di Vicenza che divenne così il quarto ducato della provincia longobarda di Austria che comprendeva l’Italia nord orientale con centro principale Verona.
Set 04 2017
Girava l’anno 2010
Cantiere Come si presentavano gli scavi in piazza Arditi
«Si poteva creare un deposito coperto come quello di piazza Poste»
I progetti che riguardano il sottosuolo di Verona sono occasioni per l’archeologia urbana, le uniche possibilità in effetti di andare a indagare cosa si nasconda sotto il livello stradale.
«Ma molto spesso si tramutano purtroppo in occasioni perse».
E’ il pensiero di Giuliana Cavalieri Manasse, direttrice del nucleo operativo veronese della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Veneto.
Una delle «occasioni perse» in passato, è la via Postumia nascosta sotto corso Cavour, «ma almeno – spiega Manasse – la via Postumia è rimasta lì sotto, e se in futuro ci saranno i mezzi e le possibilità si potrà pensare a un progetto di valorizzazione diverso rispetto alla soluzione dell’interramento».
Ma la direttrice si sfoga, e spiega che quanto è successo in piazza Arditi è molto più che un’occasione persa.
Giu 11 2017
VENEZIA INCATENATA ” opera marmorea dello scultore Enrico Pazzi realizzata nel 1884 per la famiglia Rasponi di Ravenna.
La Serenissima Repubblica è rappresentata da una donna fiera con il seno scoperto che mestamente accarezza la criniera del leone di San Marco di cui medita e attende il ruggito del risveglio per il ritorno alla libertà e sovranità dello Stato Veneto.
La donna ha la caviglia destra incatenata simbolo della prigionia sofferta ( altro che giubilo per il plebiscito farsa del 22.10.1866) con lo Stato italiano….
Lo stesso artista profeticamente così descriveva la sua opera: “la sua potenza passata, l’attuale oppressione e miseria, l’aspettazione della sua riscossa ” !!!!
Io voglio vivere !
Fonte: dal veneto al mondo
Link: https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.it
Giu 10 2017
La cronaca letteraria delle origini è stata ripetutamente e tragicamente sconvolta, non solo da cataclismi naturali, ma da parte degli stessi uomini. Che vogliamo ammetterlo o non, molte delle pagine di storia mancanti sono state deliberatamente distrutte. Riferiremo di alcune delle più infami devastazioni di grandi biblioteche, collezioni di libri e archivi di documentazione, avvenute nei tempi antichi e in quelli moderni.
La Girginakku o Grande Biblioteca di Ashurbanipal, che conteneva oltre mezzo milione di tavolette scritte in caratteri cuneiformi, fu razziata durante l’assedio di Niniveh da una coalizione di Babilonesi, Sciti e Medi, nel 612 a.C. I documenti della Biblioteca erano stati raccolti dai templi–ziggurat di Nippur, Akkad e Babylonia e includeva storie sconosciute, osservazioni scientifiche e astronomiche, così come opere religiose e letterarie degli antichi Sumeri, antiche di migliaia d’anni. Circa 30000 di quelle tavolette furono poi scoperte e tradotte da scavatori europei nei sec. XIX e XX, ma la stragrande maggioranza fu ridotta in polvere.
Quando Cambise invase l’Egitto nel 525 a.C., ordinò alle truppe persiane di fare razzia e distruggere tutte le biblioteche dei templi lungo il Nilo, per “assimilare” quella terra come una satrapia del suo impero. Gli antichi papiri del Vecchio Regno, accumulati nel tempio di Ptah a Menfi, gli annali reali di Karnak e Luxor, i preziosi rotoli del Ramesseum, di Medinet Habu, Edfu e Philae, tutti furono gettati nelle fiamme. Secondo il siriano Giamblico, il solo Ramesseum, che si trovava sulla sponda occidentale del Nilo, di fronte a Tebe, conteneva oltre 20.000 manoscritti di epoca antica e di valore incalcolabile. Solo venti di essi sono sopravvissuti, nascosti in una tomba, all’interno del santuario.
Feb 05 2017
Basilica di San Lorenzo fuori le mura
Nella basilica di San Lorenzo fuori le mura si nasconde un capitello sul quale sono scolpite una lucertola e una ranocchia. Le due piccole sculture sarebbero considerate semplici decorazioni, se uno scritto di Plinio il Vecchio, giunto fino a noi, non avesse fornito una chiave di lettura sorprendente.
L’erudito romano parla di due architetti spartani del II secolo a.C., di nome Sauro e Batraco che edificarono, per ordine di Quinto Metello, 2 templi all’interno del grande portico di Ottavia. Si trattava di templi dedicati a Giove Statore e Giunone Regina.
Continua a leggere”BASILICA DI SAN LORENZO. LE FIRME NASCOSTE”
Ago 25 2016
Pompei: dipinto che ne riporta l’evento
Corsi e ricorsi storici
Era il lontano 59 d.C. , quando durante uno spettacolo di gladiatori, nell’arena di Pompei, scoppiò una rissa. Prima cominciarono gli insulti tra i tifosi Pompeiani e quelli Nocerini, poi cominciarono i lanci di pietre ed in fine la mano passò alle armi. Ci furono diversi morti e molti feriti, in particolar modo nelle fila Nocerine.
L’imperatore Nerone, portò in senato l’accaduto e qui fu decisa la chiusura dell’anfiteatro per dieci anni e lo scioglimento delle squadre (collegia). Il senatore Regolo, organizzatore dell’evento e i fomentatori della rissa furono tutti esiliati.
Le cause di questo increscioso evento sono da ricercare in un episodio precedente. Con la deduzione di Nocera a colonia, era stata sottratta della terra (ager) ai Pompeiani, per ampliare la neo colonia. Tale decisione non fu presa bene da qualche eminenza grigia Pompeiana ed ad arte si creò lo scontro.
Il dipinto sopra riportato, raffigura l’accaduto e fu trovato in una casa negli scavi di Pompei. Ora è al Museo Archeologico di Napoli.
Fonte: liberamente tratto da RIFONDAZIONE BORBONICA
Link: http://rifondazioneborbonica.splinder.com/
Ago 09 2016
Montorio veronese: Antica Pieve di di Santa Maria Assunta
Documentata fin dal 1069. Brevi notizie storiche.
L’antica pieve di Santa Maria Assunta di Montorio, matrice di tutte le chiese della Val Squaranto con giurisdizione fino all’Adige (Mambrotta), è documentata fin dal 1069. Era collegiata ed il suo Capitolo era composto dall’Arciprete e da 22 fra presbiteri e chierici.
Sulla destra di chi entra in chiesa, sopra ad un confessionale, c’è una lapide che ricorda la sua consacrazione avvenuta nel 1128 ad opera del Vescovo Bernardo, ma probabilmente si tratta della chiesa ricostruita dopo il tremendo terremoto del 1117.
In occasione della visita del Vescovo Ermolao Barbaro (1460) abbiamo la prima descrizione del tempio: era stato da poco ristrutturato, aveva un bel fonte battesimale, cinque altari, era senza campanile e la campana si trovava in chiesa.
Continua a leggere”MONTORIO VERONESE. PIEVE DI SANTA MARIA ASSUNTA”