Feb 24 2009

1946: REFERENDUM MONARCHIA O REPUBBLICA – IL DUBBIO

 

 

Sono un Lupatotino che  nel periodo scolastico considerava i testi scolastici come fonti d’ assoluta verità e, più o meno, mai da mettere in dubbio, per le nozioni che contenevano e per la buona fede degli autori, e malgrado fossero iniziate ad emergere delle incrinature, non avevo mai perso la sicurezza di ciò.

La cosa iniziò a crollare quando ebbi la fortuna di accedere al mondo editoriale. Il castello di certezze  che mi ero costruito si sbriciolò miserabilmente.  L’accesso al quinto potere fu peggio di un bagno nell’Artico. Il risveglio fu brusco e doloroso.  Scoprire che non solo le informazioni attuali, ma che anche quelle storiche, erano state spesso solo un tentativo interessato a svolgere  attività politica “al passato”.

Continua a leggere”1946: REFERENDUM MONARCHIA O REPUBBLICA – IL DUBBIO”


Feb 13 2009

Il primo esodo dalmata – E tutta un’ altra storia

Uno dei miti più persistenti del nazionalismo è quello dell’italianità della Dalmazia. Per molto tempo si è detto che la Dalmazia fosse abitata da una consistente minoranza italiana, che in ogni caso fosse egemone, rappresentasse la vera cultura e identità locale. L’idea insomma era che – indipendentemente dall’origine etnica – tutti si sentissero italiani o aspirassero ad esserlo. Il convincimento si basava su due assunti. Il primo aveva a che fare con la lunga appartenenza di larga parte della Dalmazia alla Serenissima e con l’identificazione semplicistica di Venezia con l’Italia. Il secondo che gli slavi appartenessero a una cultura inferiore, subordinata e che la loro evoluzione sociale e culturale non potesse che portarli alla italianizzazione. Entrambe le convinzioni si basavano su quanto era avvenuto sotto la Repubblica, quando gli indigeni effettivamente diventavano nel tempo “veneziani”, assimilando la cultura, gli usi e la lingua di Venezia. Il mito era stato creato dai patrioti dalmati italiani o italianizzati che hanno partecipato alle vicende risorgimentali, nelle quali la Dalmazia compare spesso in progetti di azioni militari.

Il dogma dell’italianità è rafforzato dall’irredentismo degli inizi del 900 e soprattutto dalla sua componente dannunziana che pretendeva la “liberazione” e l’annessione dell’intera regione fino allo spartiacque delle Dinariche. A questi principi era ispirato il Patto di Londra del 1915, con il quale l’Italia era entrata in guerra tradendo i propri alleati. La Dalmazia, ma anche l’Istria e il Tirolo meridionale sono perciò stati i 30 denari del tradimento italiano e non potevano portare niente di buono. In realtà la situazione locale era molto diversa. La Dalmazia aveva una composizione etnica molto diversificata: c’era gente che parlava italiano (in realtà veneto) , ma la maggioranza era rappresentata da croati e da serbi, con consistenti presenze tedesche, ungheresi, ebree, rumene e albanesi. Tutti erano stati per secoli felici sudditi veneziani: qui venivano reclutati i fedelissimi Schiavoni (da Schiavonia, Sciavonia, terra degli Sciavi-Slavi) . La lingua franca e colta era il veneziano e tutti lo parlavano e capivano, assieme al proprio idioma. Nell’area si parlava anche il dalmatico, una lingua neolatina, simile al friulano, che si è estinta alla fine del XIX secolo. La sola parziale eccezione era rappresentata dalla Repubblica di Ragusa che aveva conservato una sua lunga indipendenza, pur subendo la forte influenza culturale della Serenissima.

La condizione di pacifica convivenza era continuata sotto l’Austria (che si era annessa col Congresso di Vienna sia la Dalmazia veneziana che Ragusa) , che ne ha rispettato tutte le culture. Il primo censimento che tenesse conto delle etnie (in realtà delle lingue) è quello del 1910, secondo il quale in Dalmazia c’erano 610. 000 Slavi e 17. 900 Italiani (11. 600 a Zara, 2. 357 a Spalato, 444 a Curzola, 265 a Brazza, 586 a Lesina, 149 ad Arbe, 968 a Sebenico, 526 a Ragusa, 538 a Cattaro e altri piccoli gruppi sparsi) . Fiume era censita a parte e qui i risultati davano 25. 600 Italiani, 26. 600 Slavi e 6. 000 Ungheresi. Si è dibattuto sulla validità dei dati costruiti sulla “lingua d’uso” e non sulla “lingua di famiglia”: Ghiglianovich e i più accesi nazionalisti hanno sostenuto che gli Italiani fossero addirittura 100. 000, il governo italiano ha ipotizzato la cifra di 50. 000. Cambia poco. Resta il fatto che fossero comunque una piccola minoranza e che ci fosse molta commistione interetnica. Si era creata una cultura dotata di caratteri distintivi propri, originari e straordinari. Tutto è stato guastato dai nazionalismi di due Stati inventati che avevano bisogno di creare un identitarismo per giustificare la propria esistenza. Gli italiani quello italiano, capziosamente indicato come erede e continuatore di Venezia.

Gli jugoslavi per giustificare la creazione del regno SHS (serbo, croato e sloveno) che altro non era che il frutto dell’espansionismo imperialista serbo. Dopo la conclusione della grande guerra, l’Italia ha preteso il rispetto del Patto di Londra ma anche l’annessione di Fiume. Si trattava della solita ingordigia nazionalista giustificata dall’enorme costo umano della guerra appena conclusa e dal fatto che croati e sloveni avessero combattuto fino all’ultimo per l’Austria e che dovessero perciò considerarsi degli sconfitti. Queste pretese cozzavano con le preoccupazioni per una eccessiva espansione italiana da parte degli anglo-francesi, memori del modo poco limpido con cui l’Italia era entrata in guerra e come fosse sopravvissuta essenzialmente grazie all’aiuto economico ma anche militare alleato e che non meritasse perciò troppe concessioni territoriali. Si scontravano anche con le pretese e con l’abile politica diplomatica dei serbo-jugoslavi e con i principi di nazionalità sostenuti dal presidente americano Wilson. L’Italia si era già assicurata il Sud Tirolo e gran parte dell’Istria ed ora voleva annettersi un’area dove gli italiani erano solo il 2, 9% della popolazione, e concentrati in poche città della costa. Alla fine di un lungo tira e molla in cui si era anche inserita l’avventura dannunziana a Fiume e un tentativo di colpo di mano su Traù, si è arrivati agli accordi di Rapallo del 1920 con i quali l’Italia ha ottenuto la città di Zara e le isole di Lagosta e Pelagosa.

L’esercito italiano sgombera completamente i territori destinati alla Jugoslavia solo nel 1922, dopo quasi 4 anni di polemiche e di manifestazioni di arroganza da parte di alcuni irresponsabili esponenti locali del nazionalismo italiano, di contrapposizioni nazionalistiche, di cattiva gestione del periodo di occupazione militare, che avevano ormai devastato il clima di civile convivenza fra le comunità e messo in difficoltà gli italiani rimasti in territorio jugoslavo. Il governo italiano chiede per loro garanzie che Belgrado si dichiara disposta a concedere a condizione che siano applicate anche agli slavi in territorio italiano. Il ministro italiano De Martino rifiuta l’accordo dicendo all’intermediario francese Berthelot che “all’Italia, in quanto grande potenza, non era richiesta l’accettazione delle garanzie per le minoranze”. È lo stesso atteggiamento arrogante tenuto in Sud Tirolo, che ha portato a una lunga scia di tragedie. Il risultato immediato di tale politica è stato il primo esodo di dalmati, molti dei quali si sono trasferiti in Italia, nelle nuove provincie istriane o nell’enclave di Zara. Serve ricordare che anche molti slavi si fingono italiani o italianizzati per usufruire dei vantaggi dell’esodo e per fuggire da una condizione economica senza prospettive.

Il governo italiano ha fornito la cifra di 2. 585 esuli (3. 381 secondo i rappresentanti locali) che, sommati ai 6. 802 italiani residenti in Jugoslavia censiti nel 1927 portano a un totale di circa 10. 000 persone che – anche comprendendo gli abitanti di Zara– dà una cifra somigliante a quella del tanto criticato censimento austriaco del 1910 e comunque molto lontana dai numeri entusiastici forniti dai nazionalisti. Se gli esuli sono relativamente pochi in numero assoluto, essi rappresentano però circa un terzo della componente italiana. Gran parte dei rimasti lascerà la Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale. Come detto, la Dalmazia costituiva uno straordinario scenario di tranquilla e operosa multiculturalità, garantito dalla grande civiltà di Venezia e di Vienna. La soluzione più intelligente sarebbe stata la costituzione di uno Stato dalmata autonomo, una sorta di Repubblica di Ragusa ricostituita e allargata. Nel 1919 un progetto del genere era stato ipotizzato sotto la forma di una Lega delle città marine, ma i tempi non erano maturi, i due nazionalismi contrapposti erano troppo aggressivi e ottusi, e Wilson decisamente non era austriaco. Oggi quel mondo è largamente scomparso: se ne sono andati quasi tutti gli “italiani”, le comunità minori sono state disperse o assimilate, i serbi sono stati cacciati alla fine del secolo scorso, e la regione è massicciamente croata. Una civiltà straordinaria è andata perduta a causa di una sommatoria di imbecillità jugoslave e italiane. Almeno la Jugoslavia è sparita.

Fonte:   Srs di  Gilberto Oneto


Feb 12 2009

Il protocollo di Wannsee (20 gennaio 1942)

Martin Luther

“Nel corso della soluzione finale gli ebrei saranno instradati, sotto appropriata sorveglianza, verso l’Est, al fine di utilizzare il loro lavoro. Saranno separati in base al sesso. Quelli in grado di lavorare saranno condotti in grosse colonne nelle regioni di grandi lavori per costruire strade, e senza dubbio un grande numero morirà per selezione naturale. Coloro che resteranno, che certo saranno gli elementi più forti, dovranno essere trattati di conseguenza, perchè rappresentano una selezione naturale, la cui liberazione dovrà essere considerata come la cellula germinale di un nuovo sviluppo ebraico (come mostra l’esperienza della storia)” .

Fonte: ministero degli Esteri tedesco, documenti di Dr. Martin Luther, sottosegretario del Ministero degli Esteri.

PS

Della serie: Le cause delle morti  saranno compatibili con il protocollo


Feb 11 2009

Le fobie – é tutta un’altra storia – di Marco Pirina

Nel 2007 è uscito un libro   “La repubblica mai nata”  che dimostrava   che  nel referendum del 1946 non si fecero votare Istriani, Dalmati e LA MAGGIOR PARTE dei molti aventi diritto delle Venezie, rendendo legalmente nullo il referendum  e illegittima la repubblica italiana stessa , nata dalla negazione del voto di troppi, ben più dello scarto di voti vicenti .

Ma studiando come mai Istriani e Dalmati non furono fatti votare nel 1946 ,  si è  rivisto una storia, e non solo  delle Foibe. ben diversa da quelle ufficiali. Il fatto è che si stanno aprendo gli archivi internazionali finora chiusi, e da loro emerge prepotente una storia ben diversa da quella normalmente raccontata; ma che le Foibe sono state un GENOCIDIO voluto da Italiani e Jugoslavi a danno del popolo veneto, che ancora oggi continua nella forma di oblio culturale e negazione delle libertà politiche che portano alla servitù economica.

Ora anche un altro autore, Marco Pirina, dice sostanzialmente le stesse cose, ma egli ne ha maggiormente  approfonditamente  la questione e pubblicato nel 2008 un libro ricco di documenti che la raccontano.

La storia della Repubblica Italiana ne esce massacrata e infranta.

I  fondatori della Repubblica pagarono Tito per estendere il dominio anche fino al Garda, e pagarono FINO AGLI ANNI ’60  per tenere PRIGIONIERI  I VENETI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO JUGOSLAVI !!

Colpevoli di questo genocidio furono i maggiori PADRI DELLA “PATRIA” Italiana, da De Gasperi a Togliatti, da Pertini a Rossi  da  Parri a Valiani .

In pochi minuti nella intervista che allego Pirina dice una quantità di cose dense di riferimenti che sono TERRIFICANTI per chi ha studiato la vicenda.

Illudersi di censurare per sempre queste cose come ancora  fa Napolitano è veramente da stupidi.

http://www.youtube.com/watch?v=lpWhDMLDYt8&eurl=http://www.palmerini.net/blog/?p=318

Fonte: liberamente  tratto da  srs di Loris Palmerini


Dic 08 2008

Adolf Hitler era…un po’ EBREO

Category: Storia moderna e revisionismogiorgio @ 22:42

Si tratta di dati che gli stessi ebrei non hanno interesse a rendere noti e ancor meno i cattolici, desiderosi di non rovinare il loro feeling con i “fratelli maggiori”.Le prove? Ecco quanto si riesce a sapere scavando scavando scavando…

Adolf Hitler nacque alle 18.30 del 20 Aprile del 1889 a Braunau sull’Inn, al confine tra l’Austria e la Germania.  Le origini della sua famiglia sono molto incerte.

Continua a leggere”Adolf Hitler era…un po’ EBREO”

Tag: ,


« Pagina precedente