Dic 15 2016

10 GIUGNO 1940: LA DICHIARAZIONE DI GUERRA DI BENITO MUSSOLINI

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Benito Mussolini, 10 giugno 1940

 

 

Riporto il testo integrale dell’annuncio della dichiarazione di guerra fatta da Benito Mussolini  il 10 giugno 1940.

 

Sempre assistiamo allo stralcio iniziale e finale di tale discorso.  Chi legge attentamente può capire anche le motivazioni date a questa decisione, che affrontano le grandi tematiche dello sfruttamento dei ricchi sui poveri. Spesso il  testo del discorso non è mai riportato integralmente, proprio per far in maniera che non si possa capire.

 

Benito Mussolini, annuncia al popolo acclamante di aver dichiarato guerra alla Gran Bretagna e alla Francia.  In mezzo alle promesse di futura vittoria, abbonda in Piazza Venezia l’esaltazione di una folla eccitata.   Questa decisione segnerà la fine del fascismo in una tragedia immane conclusa con una guerra fratricida: fra macerie e sangue.

Il fascismo fu in ogni  caso una vera rivoluzione,  ma come disse Giustino Fortunato,  anche una rivelazione, la rivelazione del carattere servile e ottuso del popolo italiano.

 

 

 

Combattenti di terra, di mare e dell’aria.

 

Camicie nere della rivoluzione e delle legioni.

 

Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del Regno d’Albania.

 

Ascoltate! (Acclamazioni)

 

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Nov 22 2016

L’ANTIFILOSOFIA DELLA STORIA DI KARL MARX

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Karl Marx

 

 

Di Raffaele Ventura

 

“Il faut une exposition, un noeud et un dénouement dans une histoire, comme dans une tragédie.”  Voltaire

 

Marx senza fine

 

Uccidere la Storia. Porre fine alla fine.

Se Karl Marx ha inteso un senso al suo cammino filosofico, era nient’altro che questo. Un cammino che partiva da Hegel, certo – ma per scappare il più lontano possibile. Lasciare lì morto il padre crudele che l’ha cresciuto a cinghiate di metafisica, e mai più tornare sul luogo del delitto.

 

Ma sul luogo del delitto si torna continuamente. E la cosa peggiore è che quando sulla scena arrivano i testimoni, nessuno crede alla confessione, mista di orrore e fierezza. – Si, l’ho ucciso io! – Ma no, si calmi, lei è sotto shock, non ricorda, ha fatto il possibile, ma ora è troppo tardi: Hegel è morto. – Certo che si, l’ho ucciso io! – Suvvia, se ne vada, lei intralcia le indagini. Questo è un lavoro da professionisti. E pensano: dovevano fare fuori anche lei. – Guardate almeno, le mie mani lorde del suo sangue, e guardate come l’ho rovesciato, con la testa in giù. [1] – La testa in giù? E loro tranquillamente: ma certo, per la circolazione. Un uomo rovesciato resta pur sempre lo stesso uomo.[2] – Lo stesso uomo, si; però morto.

 

Alcuni furono così commossi dalla vicenda che dedicarono la vita a dimostrare l’innocenza di Karl Marx, e l’amorevole cura con la quale aveva accudito il padre morente, tenendo viva la fiamma della dialettica hegeliana. Presero il nome di marxisti. Marx aveva scritto il Capitale pensando a loro: aveva scritto un tomo bello grosso, così che fosse doloroso da ricevere sui denti. Ma era davvero troppo grosso, e si faceva fatica ad armeggiarlo. Sicché i marxisti restarono integri, fecero la rivoluzione, e aspettarono con fiducia la fine della Storia – la fine che avrebbe “ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza”, come da lettera ai Corinzi. Marx aveva fondato scientificamente il cristianesimo paolino! Oggettivamente dimostrato il mito del progresso! La fiamma della dialettica hegeliana era in buone mani.

 

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Nov 13 2016

ITALIANI BRAVA GENTE?

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L’ultimo libro di Angelo Del Boca

 

 

IL FALSO MITO  DEGLI “ITALIANI BRAVA GENTE” CRIMINI ED IMPRESE DELITTUOSE DEGLI ITALIANI IN PATRIA E ALL’ESTERO IN 150 ANNI DI STORIA NAZIONALE

 

Gli italiani sono diventati peggiori dei tedeschi”. Questa è solo una delle tante testimonianze raccolte durante l’occupazione delle truppe italiane in Slovenia, tra l’aprile del 1941 ed il settembre del 1943. Era contenuta in un rapporto “riservatissimo” di un funzionario civile indirizzato all’alto commissario per la provincia di Lubiana. Nell’arco appena di due anni, nel solo territorio di Lubiana, furono almeno 1000 gli ostaggi fucilati dall’esercito italiano, 8000 le persone eliminate, 3000 le case incendiate e 800 i villaggi completamente devastati, 35.000 i deportati in Italia nei campi di concentramento, tra loro moltissime donne e bambini. Nel solo lager di Arbe perirono di fame in più di 4500. Sono le cifre spaventose e crudeli di un tentata “bonifica etnica” che ha visto protagonista il nostro paese, documentata da Angelo Del Boca nel suo ultimo libro “Italiani, Brava gente?” (Neri Pozza Editore, 318 pagine, 16 euro).

 

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Nov 12 2016

ETIOPIA: ITALIANI, GENTE NON TANTO BRAVA

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Morti etiopi ammassati dopo l’attacco di Graziani

 

 

Nel monastero di Debre Libanos, dove sessantotto anni fa gli uomini del maresciallo Graziani massacrarono a sangue freddo forse duemila fra monaci e pellegrini per vendetta.

 

Di Emiliano Bos

 

Debre Libanos. Inerpicarsi nella stagione delle piogge sui monti Entoto, alle spalle di Addis Abeba, è come essere catapultati in una cartolina delle Highland scozzesi. Cielo plumbeo e un caleidoscopio di tonalità di verde. Abbandonate le ultime baracche della capitale, la strada si attorciglia in tornanti, porta a un valico che spalanca gli altipiani dello Scioà, culla degli imperatori d’Etiopia.  All’alba, una teoria infinita di donne, adolescenti e anziane – a piedi nudi – scende in senso opposto verso la città. Sulla testa, il fardello di fascine di legna: moneta di scambio dell’economia informale al mercato di Addis Abeba, distante ancora un’ora di cammino.  Qualche chilometro più in là ci si rende conto dell’interminabile salita che queste sherpa etiopi hanno percorso insieme ai loro muli prima di svalicare in discesa verso la capitale. Lo stradone ora s’allarga: l’antica direttrice – che conduce ai santuari ortodossi a nord del Paese e alla valle del Nilo – porta le cicatrici del periodo coloniale. Conduce a uno dei luoghi della memoria più tristi dell’occupazione fascista tra il 1935 e il `41: il monastero di Debre Libanos, dove un numero ancora imprecisato di monaci, diaconi e pellegrini – di certo oltre 1.400, probabilmente più di 2.000 – venne massacrato per rappresaglia all’attentato cui scampò nel 1937 ad Addis Abeba il maresciallo Rodolfo Graziani, Viceré d’Etiopia.

 

«La pagina più odiosa del colonialismo italiano»,  la bolla Angelo Del Boca, storico e giornalista, studioso di quel periodo.

 

Cento km d’asfalto

 

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Nov 12 2016

I DEPORTATI LIBICI IN ITALIA NEGLI ANNI 1911- 1912

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Omar El Mukhtar, capo della resistenza libica, dopo l’arresto e prima dell’esecuzione

 

 

Intervista a Angelo Del Boca «La guerra del 1911 crimine della nostra storia.». Domani ( 29 ottobre 2007) un convegno a Roma

 

I danni di guerra sono stati rimborsati con taccagneria. Resta aperto il contenzioso con la Libia di Gheddafi che si aspetta a saldo dei suoi 100mila morti non promesse materiali ma il riconoscimento del loro sacrificio negato 29 ottobre 1911, alle Tremiti e a Ustica sbarcano i primi 2.975 esiliati. Presi a caso per le strade di Tripoli, stivati a forza nelle navi, senza alcuna prova di colpevolezza. Fra di loro bimbi in tenera età, donne e vecchi. Molti non sopravvivranno

 

Tommaso Di Francesco

 

Si apre domani, 29 ottobre, all’Archivio centrale di stato (ore 10, piazzale degli Archivi, 27) il convegno «I deportati libici in Italia negli anni 1911- 1912».

La data del 29 ottobre è stata scelta perché è quella dell’arrivo della prima nave di esiliati libici nelle Isole Tremiti. Il Comune del piccolo arcipelago è il promotore dell’iniziativa. Che ha il patrocinio del Ministero degli esteri italiano, la collaborazione dell’Ambasciata libica, dell’Isiao, insieme alla collaborazione dei comuni di Favignana, Ponza e Ustica, che hanno avuto il triste primato di avere ospitato i luoghi di detenzione dove si è consumata la vita di centinaia e centinaia di disperati. Abbiamo rivolto alcune domande ad Angelo Del Boca storico del colonialismo italiano.

 

L’avventura coloniale italiana in Libia (1911-1943) mostra da subito particolari forme di repressione: rappresaglie, uso di gas asfissianti proibiti e bombe incendiare contro i civili, i primi campi di concentramento per civili del ventesimo secolo.  Perché questa violenza rabbiosa e diffusa, tanto che lei nelle sue opere parla di genocidio?

 

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Nov 10 2016

ITALIANI BRAVA GENTE? STORIA DI UN MITO ATTRAVERSO I MASSACRI TRICOLORI

Category: Società e politica,Storia moderna e revisionismogiorgio @ 00:15

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Grecia: civili uccisi per rappresaglia

 

 

Come si sa, i sogni muoiono all’alba. I falsi miti, invece, che a differenza dei sogni possono servire a qualcosa, sono più duri a morire.

E infatti, fra le maledizioni che ci accompagnano e che puntualmente si ripresentano quando ci si vuole impedire di ragionare, c’è il vecchio, stantio, insopportabile mito del fante italiano buono e generoso che, a differenza dell’odioso e crudele nemico, sarebbe sempre un modello di umanità, ricco di buoni sentimenti e ottime intenzioni. Insomma, l’avrete capito, la solita solfa dell’italiano brava gente.

 

Purtroppo, invece, la storia del nostro esercito (come del resto la storia di tutti gli eserciti) è piena di episodi che definire infami e vergognosi è un eufemismo.

Dall’Unità di Italia in poi, se si esclude il macello della prima guerra mondiale, l’unica combattuta sul suolo italico nelle terre “irredente”, i nostri soldati hanno continuamente varcato i patrii confini per aggredire popoli e nazioni che non ci avevano neppure dichiarato guerra. E il fatto che dopo l’aggressione l’esercito dovesse quasi sempre rientrare precipitosamente (quando ce la faceva) con le pive nel sacco, lasciando marcire moltitudini di caduti sui campi di battaglia, non toglie nulla alla brutalità dei suoi “interventi”, anche perché, quasi ovunque, sia pure con maggiore o minore frequenza e intensità, si è reso responsabile di crimini di guerra rivolti contro le popolazioni civili.

E questo in tutte le fasi dello stato unitario, l’altro ieri con la monarchia liberale, ieri sotto il fascismo, oggi imperante la democrazia repubblicana.

 

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Nov 07 2016

LA GRANDE GUERRA DEL 15-18: SU 5,5 MILIONI DI SOLDATI SOLO 8MILA VOLONTARI

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di GILBERTO ONETO

 

La guerra del 1915-’18 – sintomaticamente ricordata come la Grande Guerra – ha rifinito l’unità italiana: qualcuno la ricorda anche come la quarta guerra di indipendenza, con la quale si è concluso il grande e sfolgorante disegno di unificazione sotto un unico paterno Stato di tutte le parti di mondo che si trovano all’interno dei “sacri confini”, la cui definizione qualcuno attribuisce con un eccesso di autobenevolenza e con qualche acrobazia teologica al Buon Dio in persona.

 

Con scarsa coerenza patriottica ma con un insperato sussulto di buon senso non si parla più di una quinta crociata nazionale per “liberare” il Canton Ticino, Nizza, la Corsica e San Marino, irriverente foruncolo di libertà dentro al corpo della grande patria tricolore. Uno degli aspetti più sventolati del grande tormentone quindici-diciottesco è costituito dai martiri e dagli eroi, dagli esponenti della maschia gioventù che si sono lanciati nell’avventura e immolati sull’altare della riunificazione, sorta di “ultimo chilometro” di una gara iniziata tanti anni prima da Garibaldi, Mazzini e comitiva cantante.

 

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Nov 01 2016

21 OTTOBRE 1860: IL PLEBISCITO ORGANIZZATO DALLA CAMORRA CONSEGNA NAPOLI AL PIEMONTE

 

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Basta che si manifesti il desiderio di votare per il mantenimento dei Borbone, perché si venga arrestati e rinviati a giudizio per rispondere di attentato a distruggere la forma di Governo; basta un semplice sospetto, perché si proceda al fermo preventivo che impedisce a numerosi cittadini di partecipare alle operazioni di voto.

 

Così scriveva lo storico lucano Tommaso Pedìo, un personaggio al quale i Borbone erano tutt’altro che simpatici. Egli, infatti, era dell’opinione che l’insurrezione popolare “brigantesca” contro il neonato Regno d’Italia fosse una semplice reazione al fatto che la nuova dirigenza, lungi dal mantenere comportamenti tali da migliorare la condizione di vita della plebe, era invece parecchio accanita. C’era poi la questione delle terre, promesse e mai date ai contadini. Secondo il Pedìo, perciò, la volontà di una restaurazione borbonica risiedeva nell’ormai proverbiale “si stava meglio quando si stava peggio”, di gattopardiana memoria, guidata dai vecchi proprietari terrieri.

 

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Ott 29 2016

MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD

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Forte Fenestrelle

 

di STEFANIA MAFFEO

 

la storia vista da un’altra parte (per cercare di capire)

 

Dopo l’  “invenzione contrassegno per marchiare gli ebrei con un panno sulla spalla” (vedi AMEDEO VIII DI SAVOIA) – quindi un precursore dello “antisemitismo” hitleriano – nel 1863 un altro sabaudo inventava i “lager”, e le “vasche di calce” per scioglierci dentro i cadaveri dei reclusi soccombenti borbonici.

 

IL TALLONE DI FERRO DEI SAVOIA

Dopo la conquista del Sud, 5212 condanne a morte. Prigionieri e ribelli puniti con decreti e una legge del 1863

 

Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863  “… per la repressione del brigantaggio nel Meridione”[1].

 

Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca, le fucilazioni, anche di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabile comandamento di destino:  “O briganti, o emigranti”.

 

Lemkin, che ha definito il primo concetto di genocidio, sosteneva: “… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale”.

 

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Ott 28 2016

IL TESORO DI MUSSOLINI…. E POI QUALCUNO DICE CHE È NOSTALGICO

Category: Storia moderna e revisionismogiorgio @ 15:27

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B. Mussolini

 

Riporto un articolo di Filippo Giannini che non condivido appieno, ma lo trovo molto veritiero nella conclusione. Benito Mussolini con tutti i suoi gravi errori una qualità indiscussa l’aveva: quella di non arricchirsi attraverso la politica. Alla sua morte il paese era allo sbando, ma c’erano le basi per una immediata rinascita. Anche la moglie e figli del Duce furono lasciati nella povertà a tal punto che per vivere dovettero aprire una trattoria, in tutti quei anni di potere assoluto non penso mai di accantonare qualche gruzzolo all’estero.

Di tutt’altra pasta sono i nostri politici “democratici”.

 

…E POI UNO DICE CHE E’ NOSTALGICO…

 

di Filippo Giannini

 

Viviamo nell’anno 2010 LXV dell’Era Sfascista. Abbiamo vissuto l’Era dei finocchiopoli, quella di tangentopoli, quella di affittopoli, quella di calciopoli, quella di bancopoli e la farsa continua. Cos’altro volete o italyoti?

Qualche giorno fa su un canale della Rai/Tv era in programma una trasmissione dal titolo L’onestà è ancora un valore? Come generalmente uso fare, non vidi tutta la trasmissione, ma questo ha un’importanza relativa.

Dopo il fausto (minchia!) giorno della liberazione, la nuova dirigenza politica si dette immediatamente da fare per collegare il periodo pre-fascista a quello post-fascista. E per dimenticare il mai sufficientemente deprecabile, infausto Ventennio, riprese con alacrità il vecchio sistema di governare.

Per meglio comprendere quel che intendo, possiamo iniziare col rammentare che nell’aprile 1955 Giulio Andreotti (ho sentito che qualcuno ha detto: bono quello!) esentò Don Giulio Pacelli, nipote di Pio XII e il conte Stanislao Pecci, pronipote di Leone XIII, entrambi cittadini italiani, quindi soggetti agli stessi doveri degli altri cittadini, li esentò, ripeto, dal pagamento dell’imposta sui patrimoni.

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Ott 20 2016

I BERSAGLIERI DERUBARONO I TERREMOTATI A MESSINA: LA SCOMODA VERITÀ DEL TERREMOTO DI MESSINA E REGGIO DEL 1908 CONSERVATA NEGLI ARCHIVI RUSSI

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Immagine di Messina a due giorni dal rovinoso sisma del 1908

 

 

In Giù al Sud, di Pino Aprile, da libri e corrispondenze giornalistiche dell’epoca, si riferiva dei saccheggi e delle fucilazioni dei superstiti “supposti sciacalli”, nonostante le proteste anche di parlamentari.

Ora i documenti desegretati da Putin confermano come andarono le cose. Una vergogna nascosta. Un’altra.

 

LA SCOMODA VERITÀ DEL TERREMOTO DI MESSINA E REGGIO DEL 1908 CONSERVATA NEGLI ARCHIVI RUSSI

 

Antonio Petrone  11-7-2016  

 

Fin da ragazzo sono stato pervaso da un profondo desiderio di conoscenza , per la storia del passato e per le mancate verità, che spesso la “ragion di stato” o  il più bieco affarismo politico hanno teso occultare. Proprio in questi giorni ho terminato un libro di Pino AprileGiù al Sud” in un capitolo si fa menzione dei tragici fatti di Messina, seguiti  a vere e proprie ruberie territoriali effettuate da truppe governative nei confronti di inermi cittadini gia provati dal terribile sisma.

Ciò, che all’epoca fu accuratamente occultato per difendere una assurda ragione di stato riemerge dopo 100 anni, grazie alla caduta del segreto di stato voluta dal presidente Putin su documenti dell’ex Polizia segreta la NKVD.

Contemporaneamente all’arrivo del monumento a loro dedicato, giungono nuovi documenti direttamente dall’Archivio governativo di Mosca tutti dedicati alle vicende dei soccorsi prestati dai marinai russi. Un patrimonio di notevole interesse non solo per lo studioso ma anche per tutti i messinesi che vogliono saperne di più su quelle vicende ormai leggendarie.

 

Il materiale è stato messo a disposizione dell’ “Associazione culturale Messina-Russia” dal console generale della Federazione Russa a Palermo, Vladimir Korotkov.

Si tratta della corrispondenza diplomatica intercorsa tra i rappresentanti del governo russo in Italia e i loro referenti in patria: rapporti, relazioni, resoconti fin nei minimi dettagli di quanto fatto dai marinai, da ogni singola squadra di soccorso.

 

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Ott 19 2016

IO SONO PROPRIO UN VECCHIO RIBELLE – I’M GOOD OLD REBEL

Category: Musica e spettacoli,Storia moderna e revisionismogiorgio @ 05:19

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I’M GOOD OLD REBEL

 

Questo canto sudista risale all’immediato dopoguerra. Esprime  il rifiuto dell’ordine “democratico” e mercantile del Nord.

 

 

Beh. io sono proprio un vecchio ribelle

Adesso, è tutto quello che sono

E della loro bella “terra di libertà”

Non so che farmene.

Sono contento di averla combattuta,

Avrei soltanto voluto vincere

E non voglio perdono

Per tutto quello che ho fatto.

 

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Ott 17 2016

I BORBONICI E I GARIBALDINI SI COMBATTERONO ANCHE IN AMERICA

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Come spiegato nel n. 50 de L’Alfiere, soldati delle Due Sicilie, non pochi dei quali fatti prigionieri in occasione della battaglia del  Volturno, furono arruolati in diverse unità dell’esercito confederato americano.

Una di queste era il 10° reggimento fanteria della Louisiana, organizzato a Camp Moore in Louisiana dal colonnello Mandeville De Marigny. Questa unità fu immediatamente inviata in Virginia al fronte, ed ebbe un ruolo primario nella vittoria confederata di Manassas (21 luglio 1861), ove i Nordisti furono messi in rotta.

 

68 fuoriusciti mazziniani si arruolarono, invece, oltre a ungheresi, russi ed altri stranieri, nella Garibaldi Guard nordista (39° reggimento), la cui compagnia A  portava la camicia rossa.

 

Questo reggimento, per intero, fu compreso fra gli 11.000 prigionieri fatti il 15 settembre 1862 dal generale sudista “Stonewall” Jackson dopo l’assalto alla piazzaforte nordista di Harpers Ferry nella Virginia Occidentale.

 

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Ott 03 2016

IL DEBITO NASCE CON L’UNITA’ D’ITALIA

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Cambiale ai Rothschild

 

 

La campagna del 1859 contro l’Austria per la conquista del Lombardo Veneto, costò al Piemonte 50.000.000 di Lire finanziati dallo Stato più altri 40.000.000 di Lire ottenuti come prestito da banche inglesi e francesi e vide l’impiego di 60.000 uomini.

La Francia, alleata del Piemonte stanziò una somma di 500.000.000 franchi con cambio Lira-Franco paritario e l’arruolamento di 140.000 soldati.

Con l’armistizio di Villafranca tra la Francia, vera vincitrice della guerra e l’Austria sconfitta, parte della Lombardia fu ceduta da questa alla Francia che l’avrebbe girata al Piemonte il quale, in cambio dell’alleanza, cederà La Savoia e Nizza a Napoleone III.

 

Considerando lo scambio Savoia, Nizza – costo sostenuto dalla Francia, l’annessione parziale della Lombardia costò 590.000.000 di Lire che con coefficiente di attualizzazione di 0,0001175 indicato dall’ISTAT e cambio 1936,27 equivalgono a 2.593.272.940 di euro del 2008 (data ultimo coefficiente disponibile)

 

Niente male per uno Stato con appena 7.300.000 abitanti, ma è solo l’inizio perché di li a pochi mesi partirà la campagna chiamata, con eccesso di demagogia, l’impresa dei Mille.

 

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Set 21 2016

IL PROCESSO CONTRO MAROZIN GIUSEPPE DETTO “VERO” TENUTO NEL DOPOGUERRA

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IL PROCESSO CONTRO MAROZIN GIUSEPPE DETTO “VERO” TENUTO NEL DOPOGUERRA

 

Un partigiano valoroso o un killer spietato?

 

LA SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice Istruttore presso il Tribunale Civile e Penale di Vicenza ha pronunciato la seguente

Sentenza nel procedimento penale contro

 

1)    ANTEMI ANTENORE, nato il 28-6-1920 a Ponzo (Padova), attualmente in Francia; partigiano “Tenore”;

2)    CAVALIERE UMBERTO MICHELE, nato a Crespadoro il 10-10-1925, ivi residente; partigiano “Penna”;

3)    CHIAROTTO ILIO, nato a Monteforte d’Alpone il 20 ottobre 1923, deceduto il 24-4¬1945; partigiano “Fido”;

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