Mar 30 2009

Dino Coltro: il lupo non c’entra nel nome di San Giovanni Lupatoto;
e’ colpa dell’Adige.

Category: Verona storia e dintornigiorgio @ 07:27

Dino Coltro ricostruisce l’origine del nome

Lo studioso Dino Coltro in un libro rivoluziona le certezze sull’origine del nome del paese. Il toponimo deriverebbe da «corso d’acqua impetuoso» in ricordo dell’antico sfondamento degli argini del fiume

Il lupo all’ingresso del paese:

Lupatoto non deriva da lupo ma dallo sfondamento dell’Adige in pianura. Paquara non è sinonimo di acque da attraversare ma di terreno coltivabile.  Sorio non trae le sue origini da San Giorgio ma da «solium», ossia punto rialzato.

Rivoluziona le certezze riportate ai Lupatotini dai loro vecchi e imparate sui banchi di scuola, il nuovo libro di Dino Coltro dal titolo «Lupus in aqua», che verrà presentato martedì 31 marzo alle 20.30 con l’organizzazione della Pro loco nella sala convegni della Pia Opera Ciccarelli in via Carlo Alberto.

I contenuti dell’ultima opera dello studioso e storico della civiltà contadina sono anticipati dall’autore stesso.

«Il libro si divide in due parti», spiega Coltro. «La prima è un’ode poetica nella quale descrivo come gli abitanti di San Giovanni Lupatoto partendo delle montagne si siano fermati qui vedendo la Paquara inondata che ricordava tanto i loro luoghi di partenza. Nel componimento poetico cerco anche di spiegare le diverse trasformazioni subite dalla terra per effetto degli elementi atmosferici ma anche delle forze della natura».

Coltro introduce qui la sua teoria sull’etimologia di Lupatoto. «Ho preso in esame i vari documenti emersi nel giro degli ultimi decenni e quelli elaborati precedentemente», riferisce lo storico. «L’Adige, secondo le mie ricostruzioni, ha formato una bolla all’altezza della chiusa di Ceraino e poi ha sfondato questo argine invadendo la pianura e poi la bassa. E’ quello il lupus, la lova, ossia il corso d’acqua impetuoso, riportata in tanti documenti che ha dato il nome al paese e sulla cui origine tanti si sono sbizzarriti».

Lo scrittore pone quindi l’accento su San Giovanni. Secondo Coltro nessuno ha interpretato nel modo giusto il nome di San Giovanni Vecchio che viene attribuito nei documenti alla prima chiesa edificata in zona.

«Nella tradizione popolare è San Giovanni Battista, ovvero quello che viene chiamato “il vecchio” mentre in effetti si tratta di San Giovanni Evangelista, detto il giovane. Questa vecchia chiesa era un sacello rurale, situato in un luogo lontano dei centri, affidato a un custode, che però segnava il percorso della transumanza», ricostruisce Coltro. «In questo modo il San Giovanni della frantumazione degli argini diventa San Giovanni Lupatoto».

Coltro ricorda di non aver voluto co-firmare la «Storia di San Giovanni Lupatoto» scritta da Giuseppe Lavorenti proprio perché troppo dipendente, a suo dire, dalla monografia del paese scritta da Angelo Merzari.  A parere di Coltro la località Paquara, deve si tenne nel 1233 la famosa pace tra le signorie medievali, non deriva da «luogo presso il guado» ma significa terreno coltivabile.  «Quareta e quara sono termini dialettali che tuttora sussistono per identificare zone coltivabili» dice Coltro.

Sorio, il più vecchio insediamento del paese, secondo Coltro, non è una contrazione di San Giorgio (antica abbazia cittadina proprietaria del fondo agricolo) ma di «solium», una parola latina che identifica un punto in alto sul terreno. «Sorio era una contrada più alta dell’attuale corte, identificabile forse con la vecchia chiesetta della località», afferma lo scrittore.

«Ho ricollegato, studiando i vecchi documenti, i diversi luoghi e nomi partendo delle etimologie», conclude Coltro. «E’ una rielaborazione storica che parte dai nomi storici e arriva agli attuali toponimi».

Fonte: srs di Renzo Gastaldo da L’arena di Verona del Domenica 29 Marzo 2009, PROVINCIA,  pagina 26


Feb 21 2009

Le Pasque Veronesi del 1797

Category: Verona storia e dintornigiorgio @ 08:05

Case Mazzanti

 

L’Armata d’Italia di Napoleone nel territorio della Repubblica di Venezia

 

Verso la fine del 1796 tutta la parte occidentale del territorio della Repubblica di Venezia è occupata militarmente dalle forze della Repubblica Francese: a una a una le città più importanti della terraferma — Bergamo, Brescia, Peschiera e Vicenza — vedono l’arrivo dell’Armata d’Italia, guidata dal generale Napoleone Bonaparte (1769-1821).

A Verona i francesi giungono il 1° giugno 1796 e s’impossessano subito dei forti della città come pure di varie chiese, adibite poi a ospedali e a ricoveri per la truppa.

Il rapporto fra cittadini e forze d’occupazione sarà sempre difficile, anche perché i francesi si comporteranno sistematicamente come occupanti e non come ospiti, come avrebbero dovuto sulla base dei rapporti ufficiali con la Repubblica di Venezia, la cui politica estera era espressa nella formula “neutralità disarmata”.

 

La situazione a Verona e la rivolta dell’aprile del 1797

Il 17 aprile 1797, dopo circa dieci mesi di permanenza della truppa straniera, la situazione della città di Verona era critica: non solo i francesi operavano sistematiche confische ai danni dei cittadini, ma tramavano anche con i giacobini locali al fine di incrinare la fedeltà dell’antica città verso il suo legittimo governo.

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