Mag 31 2021

LE 10 STRATEGIE DELLA MANIPOLAZIONE ATTRAVERSO I MASS MEDIA.

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“È un falso. Non ne conosco l’origine. Alcune parti sono copiate, o sono simili, a cose che ho detto. Ma non è  un mio scritto”  (Noam Chomsky)

Ma vi è tutto il suo pensiero

Noam Chomsky, uno dei piu’ importanti intellettuali oggi in Vita,  “ha  elaborato” la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media. 

Vi dedico alcuni  minuti ….. non foss’altro per ampliare le mie conoscenze. 

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1-La strategia della distrazione 

L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. 

La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. 

Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

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Mag 16 2021

KEFIR MANUALE MANUALE D’USO

Kefiring   

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COSA SONO I GRANI DI KEFIR DA LATTE E I GRANI DI KEFIR D’ACQUA

– I Grani di Kefir sono fermenti vivi che permettono di ottenere bevande fermentate con un processo del tutto naturale.

–  Ad ogni fermentazione, della durata di circa 24 ore, i Grani di Kefir crescono e si moltiplicano garantendo una produzione continua ed in costante crescita.

– I Grani di Kefir da latte permettono di ottenere un latte fermentato simile allo yogurt (Latte di Kefir), i Grani di Kefir d’acqua trasformano l’acqua zuccherata in una bevanda leggermente frizzante e dal sapore fruttato (Acqua di Kefir).

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Mag 12 2021

ZIA LALLA IV

Category: Storia e artegiorgio @ 10:11

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Ormeggiata nel Porto di Desenzano e, almeno apparentemente, abbandonata a se stessa. 

Questa è l’impietosa storia della «Zia Lalla IV», la storica imbarcazione parcheggiata all’imbocco del ponte alla Veneziana che spesso suscita la curiosità di visitatori e turisti, molti dei quali spesso approfittano della sua bellezza per scattare qualche foto ricordo. 

La Zia Lalla è una dragamine di progettazione olandese dei primi del Novecento appartenuta all’Impero Austro-Ungarico fino al 1918. Il compito dell’imbarcazione durante gli anni della Grande Guerra era stato quello di proteggere il golfo di Trieste per mezzo di disposizione di mine anti-nave nelle acque antistanti alla città, al tempo tenuta sotto il giogo straniero.

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Fonte: srs di Carlo Zambonin, da facebook del 12 maggio 2021

Link:  https://www.facebook.com/carlo.zambolin/posts/10218853518784571?comment_id=10218853538345060&reply_comment_id=10218853560665618&notif_id=1620806414717009&notif_t=comment_mention&ref=notif


Mag 05 2021

NAPOLEONE? UN MACELLAIO, UN PREDATORE, UN RAPINATORE, UN REGICIDA, FALSO E INGANNATORE, UN GIACOBINO

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5 MAGGIO, NELL’ANNIVERSARIODELLA SUA MORTE RICORDIAMO BREVEMENTE CHI FU NAPOLEONE PER VENEZIA, PER IL VENETO E PER I VENETI

Ciò che non vi hanno fatto vedere e non vi hanno detto.

Se il buon Gerard Depardieu si offende nell’apprendere che Bossi ha detto che Napoleone fu un dittatore, allo stesso ribadisco che non solo fu un dittatore, ma anche un rapinatore della peggiore specie, vile – in quanto “ammazzò” una Repubblica già vecchia e quasi morta. Che Napoleone sia stato un dittatore è fuori dubbio; che abbia cambiato la storia d’Europa: anche; ma che sia stato un macellaio, un predatore, un rapinatore, falso e ingannatore? anche! Taluni agiografi moderni esaltano le sue (scarse) virtù e i suoi meriti, in parte veri, come quello di aver dato impulso alla scienza ed alla ricerca e l’aver reintrodotto il Diritto Romano con i suoi nuovi codici civili (peraltro scopiazzati dalle Leggi della Repubblica di Venezia), ma la sostanza rimane.

Fu un generale oltremodo fortunato, specie nelle battaglie campali contro l’Austria la Prussia e la Russia (non va dimenticata una sua celebre frase: “non voglio generali esperti e capaci, voglio generali fortunati!!”), in quanto si trovò davanti eserciti guidati da condottieri vecchi di età e di cognizione della guerra moderna da lui ideata con grandi manovre a tenaglia. Per il resto, come uomo, non aveva assolutamente alcun ritegno morale e alla parola data dava un peso relativo…

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Apr 26 2021

SINCITINA-1

Category: Natura e scienza,Salute e benesseregiorgio @ 09:45

La syncytin-1, nota anche come enverina, è una proteina presente nell’uomo e in altri primati codificata dal gene ERVW-1 (gruppo 1 endogeno del retrovirus endogeno). Syncytin-1 è una proteina di fusione cellula-cellula la cui funzione è meglio caratterizzata nello sviluppo placentare. La placenta a sua volta aiuta l’attaccamento dell’embrione all’utero e la creazione di un apporto di nutrienti. 

Il gene che codifica per questa proteina è un elemento retrovirale endogeno che è il residuo di un’antica infezione retrovirale integrata nella linea germinale dei primati. Nel caso della syncytin-1 (che si trova negli umani, nelle scimmie e nel Vecchio mondo ma non nelle scimmie del Nuovo Mondo), questa integrazione è probabilmente avvenuta più di 25 milioni di anni fa. Syncytin-1 è una delle due proteine note di synytytin espresse nei primati di catarrhini (l’altra è syncytin-2) e una delle molte syncytins catturate e addomesticate in più occasioni nel tempo evolutivo in diverse specie di mammiferi. Ciò è analogo all’incorporazione di alcune specie batteriche nelle cellule eucariotiche nel corso dell’evoluzione che alla fine si sono sviluppate in mitocondri. 

ERVW-1 si trova all’interno di ERVWE1, un provirus a lunghezza intera sul cromosoma 7 nel locus 7q21.2 affiancato da lunghe ripetizioni terminali (LTR) ed è preceduto dal bavaglio ERVW1 (gruppo AntiGen) e pol (POLmerase) all’interno del provirus, entrambi i quali contiene mutazioni senza senso che le rendono non codificanti. 

La sincitina-1 è anche implicata in una serie di patologie neurologiche, in particolare la sclerosi multipla, come immunogeno. 

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Apr 25 2021

CHI LIBERÒ VERAMENTE L’ITALIA

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Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.

Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45(Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.

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Apr 20 2021

LA STORIA DEL RISO

Category: Alimentazione e gastronomiagiorgio @ 09:14

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La storia del riso è lunga quanto è il mondo

Su questo cereale, che ha informato di sé non soltanto l’aspetto alimentare della civiltà ma anche quello religioso, filosofico e culturale, di tradizioni e di notizie ce ne sono tante, alcune contrastanti. Tra tutte, si cercherà di seguire una via alquanto lineare che si basa sulle notizie sicure o, comunque, su quelle più probabili. È sicuro, ad esempio, che il vocabolo riso è un derivato della denominazione di lingue orientali con esiti fonetici differenti. Quel che pare certo è che dalle specie primordiali di questa graminacea se ne siano differenziate una ventina. Solo due di queste hanno tuttoggi una certa rilevanza a scopo alimentare: Oryza sativa, di origine asiatica, e Oryza glaberrima, di origine africana. 

Dalla specie asiatica (Oryza sativa L) sono derivati tre tipi: 

1) Japonica, differenziatosi in Cina, adatto a zone temperate, caratterizzato da un chicco corto, da un contenuto in amilosio tendenzialmente basso e da scarsa sensibilità al fotoperiodo. Si tratta del più diffuso nelle nostre risaie. 

2) Indica, differenziatosi in India, caratterizzato da chicco lungo, sottile, cristallino, da un contenuto in amilosio tendenzialmente alto e da sensibilità al fotoperiodo. Da questo tipo derivano i long grain americani e il Basmati. 

3) Javanica o Tropical Japonica, caratterizzato da varietà con caratteristiche intermedie ai due tipi precedenti, poco conosciuto in Italia.

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Apr 14 2021

IL SAPONE VENETO CHE LAVO’ GRAN PARTE DELL’EUROPA

Uno dei tanti primati di Venezia fu, nella sua epoca d’oro, la fabbricazione di un sapone detto “di Castiglia”, particolarmente delicato e profumato, che sostituì ben presto quello in uso più a nord in Europa, a base di grassi animali e addirittura puzzolente.

I fabbricanti veneziani per qualche tempo, durante il secolo XIV, tolsero alla Spagna il primato della fabbricazione del suo sapone detto “di Castiglia”, considerato il migliore di tutti.

Questo sapone, bianco e duro e di odore gradevole, poteva essere venduto come un genere di lusso, quasi come un medicinale, invece in paesi nordici come l’Inghilterra, il sapone di fabbricazione indigena era molle, scuro e maleodorante perché fatto di grassi animali.

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Apr 12 2021

DALLA LESSINIA FINO IN RUSSIA CON NAPOLEONE, COME UN BENEDETTI DIVENNE EL BERESINA.

Nella foto Giuseppe Benedetti, detto «Caporale» con le figlie Linda e Marietta 

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Francesco Benedetti, nato a Ceredo nel 1795, desideroso di vita avventurosa, ma anche per garantirsi, in quel periodo di ristrettezze, almeno due pasti al giorno, si unì nel 1812 alle truppe napoleoniche che dal Veneto marciavano verso la Russia.

Ben presto si trovò, nel novembre dello stesso anno, a combattere la battaglia della Beresina, che fu battaglia combattuta presso il fiume Beresina, affluente di destra del Dnepr, tra la Grande Armata di Napoleone e l’esercito dell’impero russo tra il 26 e il 29 novembre 1812, durante la campagna di Russia. Lo scontro ebbe un esito discusso: anche se le forze francesi riuscirono a forzare la linea russa, evitando così di finire intrappolate fra le tre armate che convergevano su di loro, la battaglia costò loro moltissime perdite, ed in ogni caso la ritirata dalla Russia non fu arrestata.

Infatti la battaglia della Beresina è contemplata dagli storici come uno dei peggiori disastri militari della storia contemporanea, benché dall’esito parzialmente favorevole. Essa infatti è stata eretta a simbolo della disfatta della campagna di Russia intrapresa dall’Impero francese nell’estate del 1812.

Per molti soldati il fiume Beresina diventa la tomba. Francesco, allora diciassettenne, si salva per miracolo fingendosi morto nel ventre di un mulo squarciato.

Ritornato, dopo diverse peripezie nelle sua Ceredo, anche se non sollecitato, continua a raccontar della sua avventura-disavventura, mettendo nel suo dire così spesso il fiume Beresina, tanto che finisce per diventare egli stesso «el Beresina», in seguito storpiato in Bresina, e Bresini.

A raccogliere i racconti del «Beresina» da tramandare oralmente ai posteri ci ha pensato il nipote Giuseppe Benedetti, nato nel 1854, detto «Il Caporale».

Nel tempo «Bresini» saranno chiamati, ancora oggi, i Benedetti suoi discendenti, originari da un unico ceppo, cognome presente sul territorio fin dalla metà del 1500.

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Fonte: da facebook,  Magica Lessinia

Link: https://www.facebook.com/Battocchio.Giorgio/posts/4517391971624085?notif_id=1618144641544409&notif_t=feedback_reaction_generic&ref=notif


Apr 09 2021

LA TEORIA DELL’ORIGINE VIRALE DELLE MALATTIE

Category: Natura e scienza,Salute e benesseregiorgio @ 00:32

La teoria dell’origine virale delle malattie

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Arthur M. Baker


In origine la parola “virus” significava veleno e il termine “virulento” voleva dire velenoso. Oggi intendiamo per virus una entità submicroscopica e “virulento”, in generale, significa contagioso.

La medicina moderna utilizza il termine “virus” per indicare una microscopica forma di vita capace di infettare le cellule e a cui viene pertanto attribuita la responsabilità di molte delle nostre malattie.


Nell’immaginario popolare, il virus è una forma di vita in grado di parassitare ogni altra forma di vita, inclusi gli animali, le piante e i saprofiti (funghi e batteri).
Nella descrizione delle infezioni virali, ai virus vengono attribuiti comportamenti quali “iniettarsi”, “incubare”, “essere in latenza”, “invadere”, avere uno “stadio attivo”, “impadronirsi”, “riattivarsi”, “mascherarsi”, “infettare”, “assediare” ed essere “devastanti” e “mortali”.

La teoria medica convenzionale sostiene che i virus nascono da cellule morte che essi stessi hanno infettato. Il virus “si inietta” nella cellula e le “ordina” di riprodurlo, fino al momento in cui la cellula esplode per lo sforzo. I virus sono a questo punto liberi di cercare altre cellule in cui ripetere il processo, infettando così l’intero organismo.

Tuttavia i virologi ammettono che i virus, pur avendo natura peculiarmente organica, non possiedono metabolismo, non possono essere replicati in laboratorio, non possiedono alcuna caratteristica degli esseri viventi e, in realtà, non sono mai stati osservati vivi!!


I “virus vivi” sono sempre morti …

Il termine “virus vivo” indica semplicemente quei virus creati dalla coltura di tessuti viventi in vitro (cioè in laboratorio), dai quali si possono ottenere trilioni di virus

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Apr 07 2021

MONTORIO LE ORIGINE DEL FIUMICELLO

Il laghetto Squarà

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A Verona i corsi d’ acqua costruiti dagli antichi Romani sono sicuramente due: I’ Adigetto o Riofiol e il Fiumicello .  

L’ Adigetto iniziava a Castelvecchio e terminava al Ponte Aleardi, era stato costruito per vari motivi:  come scarico delle acque durante le piene dell’ Adige, era navigabile e per difesa della città romana nell’ansa dell’Adige creando così un’ isola. Oggi il percorso dell’Adigetto è riconoscibile all’esterno, verso Porta Nuova, delle antiche mura di Piazza Bra.  

Il Fiumicello nasce dal Laghetto Squarà a Montorio e anche quello sfociava nell’ Adige di fronte all’Adigetto .

Quando scrissi un’ articolo sul Fiumicello nel 1995   ( A. Solinas , Il Fiumicello 1900 – 1995 , in: C’era una volta . . . in Veronetta, tra storia e cronaca n. 3;   Comitato benefico di S. Toscana, Verona 1995)…  sorsero delle contestazioni,  alcuni lettori, infatti, non erano d’ accordo sull’ origine del Fiumicello come acquedotto.  Molti ritenevano che il cunicolo scoperto in fondo al Vicoletto cieco Fiumicello fosse quella famosa galleria che la tradizione ci racconta cioè che dal Castello di Montorio partiva una galleria che conduceva in Arena. Perciò quest’ anno cercheremo di chiarire questi argomenti .

Diciamo subito che senza ombra di dubbio il percorso del Fiumicello è opera dell’uomo, perché si dirige verso la città ( a ovest ) invece di seguire il corso naturale che compie il Fibbio verso sud.

Ma l’ argomento più difficoltoso da contestare era quello che scriveva l’ ingegnere Mario Benini , che fu per un periodo dirigente dell’ Acquedotto Municipale della nostra città. 

Nell’ articolo  “L’acquedotto di Verona ” edito da Vita Veronese nel 1967 egli scrive : « ( . . . ) i romani preferivano le acque sorgenti alle acque correnti del Lorì  (di Avesa n. d.s .) e le sorgenti di Montorio, e quindi con poche garanzie circa la loro potabilità . . . I tecnici romani scartate le sorgive di Sommavalle e Fontana del Ferro, perché insufficienti, e quelle della Valpantena, perché già sfruttate, si orientarono per le sorgenti di Parona e di Novare . . . » .

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Mar 17 2021

RIEMERGE IL PIÙ ANTICO MONASTERO CRISTIANO D’EGITTO

Il monastero. Ph. Ministero delle Antichità dell’Egitto

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Una missione archeologica franco-norvegese ha rivelato, nel fine settimana, la scoperta del più antico monastero cristiano d’Egitto: si trova in pieno deserto e risale al IV secolo d.C.

Una missione archeologica franco-norvegese, guidata dall’Institut français d’archéologie orientale, ha rivelato, nel fine settimana, di aver scoperto il più antico monastero cristiano noto in Egitto. Il sito è stato trovato nell’oasi di Bahariya, nel mezzo del deserto, a una distanza di circa 370 km dalla capitale Il Cairo. “La missione franco-norvegese”, ha spiegato il Ministero delle Antichità dell’Egitto in un comunicato diffuso sabato, “ha scoperto, durante la sua terza campagna di scavo nel sito di Tal Ganoub Qasr-al Agouz nell’oasi di Bahariya, molti edifici costruiti in basalto, altri scavati nella roccia e altri fatti di mattoni di argilla”. Il complesso è suddiviso in sei settori, dove sono state rinvenute le rovine di tre chiese e di celle monastiche le cui pareti mostrano graffiti e simboli con iscrizioni legate alla cultura copta. Sono stati ritrovati anche numerosi ostraka (frammenti di ceramica) con iscrizioni in greco che fanno riferimento ai monaci. Sulla parete di una chiesa sono stati rinvenuti anche alcuni passaggi biblici in greco, da cui si ricavano importanti informazioni sulla vita monastica nella zona. La scoperta risale all’anno scorso, ma gli scavi in quest’area sono cominciati una decina di anni fa.

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Mar 13 2021

QUANDO TI DIRANNO : LEI SI DEVE “VACCINARE PER COVID

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QUANDO TI DIRANNO : LEI SI DEVE “VACCINARE PER COVID

La Risposta sarà questa :

Stavo “morendo” dalla voglia di vaccinarmi, però non  possiamo violare :

– L’Art. 32 della COSTITUZIONE della Repubblica Italiana,

– L’Art. 5 del Trattato Internazionale di OVIEDO,

– L’Art. 1 del Codice di NORIMBERGA,

– L’Art. 3 della Dichiarazione Universale dei DIRITTI UMANI.

Quindi, dovrebbe essere così gentile, da darmi il foglietto illustrativo del “vaccino” che vorrebbe somministrarmi, e una copia del “Consenso informato”.

Io  mi identifico, visto che Lei è un Pubblico Ufficiale, nell’esercizio delle sue funzioni, e la invito a fare altrettanto.

Mi leggo con attenzione tutto il foglietto illustrativo, e anche il modulo del consenso informato, perché è un mio pieno diritto, oltre che un dovere. Domani torno, e le comunico cosa intendo fare, e perché.

Arriva domani, e mi presento nel centro vaccinale (o in qualsiasi altro ufficio, o centro che sia), e chiedo del Pubblico Ufficiale di ieri.

Guardi, ho esaminato con estrema attenzione la scheda tecnica del “vaccino” che mi ha fornito, e non è stato nemmeno necessario visionare il modulo del consenso informato.

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Mar 12 2021

UN ALTRO PUNTO DI VISTA: QUELLO DEL VIRUS!

Category: Natura e scienzagiorgio @ 12:32

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Se dovessimo fare qualche ragionamento in merito potremmo dire che il virus è un elemento teleologico elementare il cui funzionamento è del tipo omeostatico.

Questo elemento, il virus, ha un tempo di vita che è una funzione determinata dall’ambiente in cui si trova, quindi materiale di supporto, condizioni di temperatura, di umidità, agenti chimici ambientali ecc. elementi che si potrebbero includere in un vettore.

Inoltre, ha un tempo di riproduzione, anche questo, legato all’ambiente isolato nel quale può trovare delle sostanze che ne consentano questa funzione.

Il corpo umano contiene queste sostanze, in particolare, quello che viene definito RNA.

Una funzione riproduttiva è sempre soggetta alle condizioni di “entropia”, per cui, l’elemento riprodotto, ha caratteristiche analoghe ma non uguali all’elemento riproduttore!

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Mar 07 2021

GLI ZAIA IN VENETO DA 15 GENERAZIONI MA LE RADICI SI TROVANO IN CROAZIA

Luca Zaia

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La vicenda della famiglia del governatore diventa simbolo dei veneti contadini ed emigranti. Il cognome? Nei Balcani richiama lepri e cavalli

VILLORBA (Treviso) — Piccolo quiz agostano a cavallo tra le due sponde dell’Adriatico. Domanda multipla a risposta unica: in lingua slava significa «lepre»; nei dialetti dell’Istria designa una cesta di vimini; più giù nei Balcani, dove Croazia e Bosnia si toccano nell’entroterra di Spalato, indicava qualcuno che aveva a che fare con le mandrie dei cavalli (attenzione, questo è un indizio importante); secondo i turchi, che da quelle parti si sono trattenuti a lungo, vorrebbe dire «gente dal capello riccio»; in veneto non ha un significato proprio, ma tutti, vecchi e bambini in età prescolare compresi, hanno sentito quella parola di quattro lettere almeno una volta. Cos’è? Soluzione: la risposta giusta a tutte le domande è «zaia». Divenuta nel frattempo «Zaia» con la maiuscola, poiché nel tragitto dalle terre dalmate alla Sinistra Piave veneta, la parolina è diventata, consolidandosi in cognome, identificativa di una famiglia che – grosso modo tra Quattrocento e Cinquecento – aveva compiuto lo stesso percorso in direzione nordovest. Magari proprio per sottrarsi al pericolo turco. 

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