Feb 06 2018

E ADESSO?

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:08

 

 

 

Ah, le donne! Non finiscono mai di stupirci. Fantastiche e fantasiose sono poi nelle loro domande e risposte quando fanno le finte ingenue. Quante volte le abbiamo sentite dire: – O Dio, ma cosa ho fatto?- fingendo di pentirsi. Oppure: – E adesso, cosa facciamo?- pur sapendo benissimo cosa fare. Ecco l’argomento per un buon racconto.

 

 Negli anni Sessanta, per noi giovani era difficile trovare posticini adatti per amoreggiare. Se erano sposate, in alberghi o in qualche locanda fuori mano non venivano per timore di lasciar tracce; se erano nubili, era la vergogna che le tratteneva. E noi non eravamo neanche così ricchi da permetterci un paio di locali da usare come scannatoio. Per combinar qualcosa, c’erano solo due posti: l’aperta campagna o la macchina. Raramente poi si riusciva a portarle in casa nostra o entrare nella loro. 

 

 I giovani del giorno d’oggi la cantano bella: fino agli anni Sessanta i genitori non permettevano che i loro ragazzi amoreggiassero in casa, mentre già negli anni Ottanta, alcuni miei amici al sabato sera ritardavano il loro rientro per lasciare più tempo ai figli. Addirittura al giorno d’oggi li lasciano che passino le notti insieme.

 

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Feb 05 2018

LA STAZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:04

 

 

 

Negli anni Settanta, l’Università di Verona non ha ancora la Facoltà di Medicina, e la maggior parte degli studenti sono invogliati, per la breve distanza e per la frequenza dei treni sulla linea Milano-Venezia, a iscriversi all’Università di Padova. Che è una fortuna non indifferente essere iscritti in una facoltà che fin dal Medio Evo vanta nobili origini e chiara fama in tutto il mondo. 

 

 Tra questi giovani ce n’è un paio che non sono affatto male. Svegli, e già fin troppo navigati per la loro età. Oltre che compagni di corso si vedono spesso in giro per il centro circondati da quel benevolo alone d’ammirazione e d’invidia che rendono mitiche le loro imprese.

 

 Michele, dai capelli neri e corti, dal sorriso smagliante, appena al di sotto del metro e ottanta su un viso dai lineamenti delicati, è sempre in jeans e maglione più o meno pesanti secondo le stagioni. Flaviano, leggermente più piccolo e più maschio, porta i capelli lunghi fino al collo: sono castani e ben curati dalla tartaruga del suo pettine. Eternamente abbronzato, con scarpe all’inglese, con i risvolti ai calzoni e in giacca e cravatta, veste come un elegantone d’altri tempi. Ora, con un paio d’avventure capitate in treno, potrete inquadrarli meglio.

 

  Soprattutto nelle prime ore del mattino, la linea Milano-Venezia a causa dei pendolari e degli studenti che si recano quotidianamente a Padova e a Venezia è sempre affollatissima. Capita sovente di salire e di farsi strada a fatica, il più delle volte disgustati dall’alito e dal sudore cipollino di certe ascelle. A volte, si deve anche ringraziare il Cielo se non si prendono spintoni e pestoni da alcuni energumeni.

 

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Feb 04 2018

IL CALCIATORE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:29

  Già in un’altra occasione, avevo scritto che l’amante ideale per noi maschi dovrebbe essere la bella femmina della porta accanto, e se poi è sposata, meglio ancora! 

Non mi credete? Consideriamone i vantaggi. In primo luogo, con la vicina si ha più facilità di contatti, e quindi maggiori rapporti; secondariamente, se dovessero pescarvi mentre entrate o uscite dal suo appartamento, potete sempre giustificarvi che eravate confusi o che avete sbagliato porta. Addirittura, che vi occorreva del sale, un goccio d’olio, due uova… o che so io? Quel che vi salta in mente in quel momento, anche della curcuma. Nessun dubbio poi dell’enorme vantaggio che rappresenta la via di fuga, che non può essere più breve che da porta a porta.

Donna sposata non va mai abbandonata, a meno che lei voglia lasciare il marito per mettervi delle catene. Vi ricordo che siamo liberi d’entrare in una gabbia, ma difficile uscirne. Queste sono le raccomandazioni che faccio sempre ai miei amici. Quanti guai in meno, se mi avessero ascoltato!

Una mattina di primavera degli anni Settanta, stavo aprendo un po’ prima delle nove i cancelli della vetrina che dà sul vicoletto, quando mi sento sfiorare da una folata di vento che mi entra in negozio. Penso già al primo seccatore. A quello che ha l’occhiale storto, un‘asta staccata, oppure che ha bisogno d’un giro di vite e che, per la premura che dichiara, dovrei  piantar lì tutto e servirlo. In negozio non trovo nessuno. Mi credo poco sveglio o di aver ancora dei fumi residui della sera precedente quando dal retrobottega mi appare lui: il bomber del Verona.

È pallido come una pezza lavata ed è nudo. Porta un asciughino a mo’ di grembiule … Eh, no, no! adesso ricordo bene: teneva le mani sui fianchi che reggevano uno straccetto. Resto a bocca aperta, e poi mi metto a ridere, e a ridere fino alle convulsioni. E per simpatia anche lui scoppia in una risata fragorosa.

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Feb 03 2018

T’HO VIST

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:06

Cremona    la casa di via Volturno al 62

 

 

Ho avuto una gran mamma. E che nessuno si sogni di dirmi adesso che la sua è stata più grande della mia. Di Margherita, chiamata Rita, potrei raccontarne tante da riempire più d’un libro, ma tempo e spazio mi consigliano di limitarmi solo a un breve compendio.

 

 Piccola di statura, con le gambe storte, con capelli corvini e ricci di cui ne andava fiera, nonostante  avesse un viso dai lineamenti marcati era riuscita a farsi sposare da mio padre che passava per un bell’uomo. In casa erano in sette fratelli: cinque femmine e due maschi. Perdiana, che allegria! Un giorno mi capitò di vederne quattro di queste cinque, parlavano tutte in una volta, e quel che mi stupì, fu che si capissero.
 Ancora bambina, dopo la terza elementare aveva inforcato la bici e ogni mattina portava il pane nelle cascine vicine al paese. Era soprannominata la Fornarina(1) e, macinando chilometri e chilometri su strade piene di polvere e fango, portava, oltre al pane, un po’ d’aria fresca nella dura vita dei contadini di allora. In tavola, se il tempo non permetteva, i contadini si accontentavano della polenta.
 Al ritorno, andava a dar una mano nella trattoria di famiglia. Mio nonno, oltre a essere fornaio, gestiva, aiutato da moglie, figli e dipendenti, una trattoria che a mezzogiorno dava da mangiare a un centinaio di lavoratori delle filande. Un piatto caldo o panini con il salame oltre al bicchier di vino. Un pasto che poi la gente integrava con qualcos’altro che si portava da casa per non spendere.

 

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Feb 02 2018

TITOLO DELL’OPERA: DIO NON RIDE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 07:40

 

 

Ala di copertina

 

 E non ha tutti torti. Per quel che vede, c’è solo da piangere.

 

  Nietzsche ha scritto che Dio è morto, mentre la maggior parte di chi Lo implora si lamenta che è sordo. Gli autori delle Sacre Scritture Lo hanno descritto come un padre-padrone: ci ha scacciato dal paradiso, ci ha fatto correre per il deserto, ci ha dettato le Sue leggi e ha disperso il Suo popolo.  

 

 Con i limiti tutti nostri di poveri mortali Lo hanno sempre descritto troppo severo e vendicativo. Non credo però che Dio venga offeso quando non si condivide le idee dei Suoi preti, e neppure credo sia anche un giudice così serio e severo pronto a punirci senza divertirsi e regalarsi neppure un sorriso. Gli abbiamo attribuito le nostre più noiose qualità senza donargli un briciolo di umorismo e d’ironia che, come san tutti, sono il sale della vita. Per questo penso che la Teologia vada riscritta. Han fatto meglio i Greci che tra gli dei avevano generato un Bacco. 
 Ora, ammesso che esista, come posso non annoiarlo e fargli perdere quell’aria vendicativa di giustiziere se non deliziandolo e farlo sorridere? C’è solo un modo, anche se un po’ presuntuoso da parte mia: fargli leggere questi brevi racconti.

 

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Feb 01 2018

ENZO MONTI – INTRODUZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:31

Enzo Monti

 

 

 Non capita tutti i giorni d’incrociare per strada un amico che ti suggerisca:
 – Visto che hai la penna facile, cerca di scrivere dei racconti brevi e, se ti è possibile, facendo leva sulla tua voglia di ridere e di scherzare, che siano divertenti. Mi piacerebbe  vedere in giro facce più allegre. Ce ne sarebbe un gran bisogno! Ma lo sai che potresti ricavarne anche un sacco di soldi?  

 Non ci sarebbe nulla di singolare se il consiglio non mi fosse stato soffiato dal professor Flavio quando, in una mattina fredda e con qualche fiocco di neve di questo fine febbraio del Duemilatredici, l’incontrai all’uscita da Squassabia, in Piazza Isolo qui a Verona. Ero appena uscito da questo centro, dove avevo fatto delle terapie (interferenziali e ultrasuoni alle ginocchia), quando al volo ci siamo scambiati queste quattro parole. 

 Flavio è uno dei primi lettori dei miei scritti, un lettore entusiasta del mio primo libro. Ricordo che se lo portò in vacanza e gli piacque così tanto che mi scrisse una cartolina dalla Croazia complimentandosi e confessando pure che se lo contendeva con la moglie.
 Uomo di solida e vasta cultura parla e scrive correttamente in cinque o sei lingue, avendole imparate nel corso degli anni come nostro addetto culturale in parecchie capitali europee. Ora,
insegna all’Università della Terza Età e, a tempo perso, sta leggendo le mie opere teatrali. Forsenon gli sono piaciute più di tanto, e allora mi ha suggerito con diplomatica eleganza di scrivere qualcos’altro. 
 E se mi sbagliassi? E se invece avesse visto in me una discreta abilità nel raccontar facezie? 
 Sulla settantina, calvo, sornione, con lo sguardo e il sorriso del saputo, oltre a possedere la raffinata doppiezza del diplomatico, conosce l’arte di pesare chi gli sta davanti. Che mi abbia dato un buon consiglio?

 

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Gen 30 2018

FINALMENTE EMERGE LA VERITÀ SU SREBRENICA: I CIVILI NON FURONO UCCISI DAI SERBI MA DAGLI STESSI MUSULMANI BOSNIACI PER ORDINE DI BILL CLINTON

FILE – This is a April 12, 1993 file photo of Bosnian Serb army Gen. Ratko Mladic, second from left, accompanied by an aide, and French U.N. security troops arrive at a U.N. sponsored meeting at Sarajevo’s airport. Mladic, Europe’s most wanted war crimes fugitive, has been arrested in Serbia, the country’s president said Thursday, May 26, 2011. Mladic has been on the run since 1995 when he was indicted by the U.N. war crimes tribunal in The Hague, Netherlands, for genocide in the slaughter of some 8,000 Bosnian Muslims in Srebrenica and other crimes committed by his troops during Bosnia’s 1992-95 war. (AP Photo/Michael Stravato)

 

 

Dopo la confessione shock del politico bosniaco Ibran Mustafić, veterano di guerra, chi restituirà la dignità a Slobodan Milošević, ucciso in carcere, a Radovan Karadžić e al Generale Ratko Mladić, ancora oggi detenuti all’Aja?

 

Lo storico russo Boris Yousef,  in un suo saggio del 1994, scrisse quella che ritengo una sacrosanta verità: «Le guerre sono un po’ come il raffreddore: devono fare il loro decorso naturale. Se un ammalato di raffreddore viene attorniato da più medici che gli propinano i farmaci più disparati, spesso contrastanti fra loro, la malattia, che si sarebbe naturalmente risolta nel giro di pochi giorni, rischia di protrarsi per settimane e di indebolire il paziente, di minarlo nel fisico, e di arrecare danni talvolta permanenti e imprevedibili».

 

Yousef scrisse questa osservazione nel Luglio del 1994, nel bel mezzo della guerra civile jugoslava, un anno prima della caduta della Repubblica Serba di Krajina e sedici mesi prima dei discussi accordi Dayton che scontentarono in Bosnia tutte le parti in campo, imponendo una situazione di stallo potenzialmente esplosiva. E ritengo che tale osservazione si adatti a pennello al conflitto jugoslavo. Un lungo e sanguinoso conflitto che, formalmente iniziato nel 1991, con la secessione dalla Federazione delle repubbliche di Slovenia e Croazia, era stato già da tempo preparato e pianificato da alcune potenze occidentali (con in testa l’Austria e la Germania), da diversi servizi segreti, sempre occidentali, da gruppi occulti di potere sovranazionali e transnazionali (Bilderberg, Trilaterale, Pinay, Ert Europe, etc.) e, per certi versi, anche dal Vaticano.

 

La Jugoslavija, forte potenza economica e militare, da decenni alla guida del movimento dei Paesi non Allineati, dopo la morte del Maresciallo Tito, avvenuta nel 1980, era divenuta scomoda e ingombrante e, di conseguenza, l’obiettivo geo-strategico primario di una serie di avvoltoi che miravano a distruggerla, a smembrarla e a spartirsi le sue spoglie.

 

Si assistette così ad una progressiva destabilizzazione del Paese, avviata già nel biennio 1986-87, destabilizzazione alla quale si oppose con forza soltanto Slobodan Milošević, divenuto Presidente della Repubblica Socialista di Serbia, e che toccò il culmine con la creazione in Croazia, nel Maggio del 1989, dell’Unione Democratica Croata (Hrvatska Demokratska Zajednica o HDZ), partito anti-comunista di centro-destra che a tratti riprendeva le idee scioviniste degli Ustascia di Ante Pavelić, guidato dal controverso ex Generale di Tito Franjo Tuđman.

 

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Gen 26 2018

L’ AMERICA ERA PRONTA AD ANNIENTARE PRAGA, BERLINO EST, VARSAVIA, ALTRE

 

Documento Eccezionale: Tutta l’Europa dell’est cancellata

 

Generale Curtis Lemay, comandante dell’Air Force……Quando i militari ( ieri come oggi) sognavano il primo colpo.

 

 

27 dicembre 2015

 

Wayne MADSEN Strategic-Culture.org     

 

 

 

Documenti di targeting nucleari del 1959, recentemente declassificati, descrivono come Washington previde di cancellare le capitali degli attuali alleati NATO dell’America in Europa centrale e orientale. La rivelazione mette in dubbio l’impegno, preso nel periodo della guerra fredda, da Washington di proteggere ciò che venne indicato come «nazioni prigioniere» in Europa. I documenti sono contenuti in un rapporto intitolato, «SAC (Strategic Air Command) Atomic Weapons – requisiti di studio per il 1959». [che pubblichiamo in inglese a parte]

 

 

Lo studio US Air Force ha chiesto la «distruzione sistematica» di tali centri abitati, importanti come Varsavia, Berlino Est, Praga, Bucarest, Tallinn, e altri, così come Peiping (Beijing), Leningrado (San Pietroburgo), e Mosca.

 

Bombe atomiche otto volte più grandi per forza distruttiva di quelle usate dagli Stati Uniti su Hiroshima sono state preparate per una serie di obiettivi a Mosca e San Pietroburgo. Ci sono stati 179 «designed ground zero» per bombe atomiche a Mosca e 145 a San Pietroburgo.

 

 

 

Le armi atomiche degli Stati Uniti avrebbero devastato Wittstock, a poca distanza dalla città natale del cancelliere tedesco Angela Merkel, di Templin nel Brandeburgo nella ex Germania dell’Est. E ‘più che certo che se gli Usa avessero lanciato un attacco atomico in Europa, la Merkel, i suoi genitori Horst e Herlind Kasner, e il fratello Marc sarebbero stati vaporizzati nel massiccio attacco di pre-targeting per Berlino Est e le regioni che lo circondano.

 

Budapest città natale di George Soros (grande finanziere ungaro-americano) sarebbe stata completamente distrutta dopo l’attacco degli Stati Uniti all’aeroporto militare Tököl sulle rive del Danubio, con una delle sue armi nucleari «città-busting». L’esplosione avrebbe reso il Danubio un canale di scolo radioattivo e chiunque esposto alle acque velenose del Danubio a valle avrebbe ceduto a una morte agonizzante da radiazioni. Aggiungendo alla miseria di chi vive lungo il Danubio è stato il fatto che Bratislava, pur essa sulle rive del Danubio, è stata presa di mira per l’annientamento nucleare. Le prime vittime principali del centro urbano al di fuori dell’Ungheria, e allora Cecoslovacchia, dal Danubio radioattivo sarebbero stati a Belgrado, la capitale della Jugoslavia neutrale.

 

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Gen 24 2018

LA VANVERA

Category: Monade satira e rattatuje,Veneto e dintornigiorgio @ 00:16

 

 

Tratto da Merdasser di Maurizio Bastianetto 

 

 

E’ lo strumento che ha dato origine al modo di dire :”Parlare a Vanvera” che nel suo vero significato quindi  non vuol dire altro che “Parlare col Culo”. 

 

Sia  nello Spettacolo che nel Libro, viene dato grande risalto (durante la trattazione degli “Odori dell’Umanità”), ai vari oggetti, sistemi  e tentativi  inventati dall’uomo per mitigare e camuffare  gli effetti dei Meteorismi, alias Flatus Ventris, alias Ventosità Anali, alias Scorregge.

Ma prima di arrivare alla Vanvera  altri oggetti furono inventati dall’Umanità. 

 

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Gen 21 2018

CHI SONO GLI SCRITTORI FANTASMA…GLI “GHOSTWRITER”

Category: Libri e fonti,Media e informazionegiorgio @ 12:40

 

 

 

Quanto guadagnano, per chi lavorano e soprattutto: perché non scrivono libri propri?

 

«Qualche mese fa sono andata a una festa per l’uscita di un libro di una mia autrice», dice Francesca Parravicini, ghostwriter, «e all’improvviso mi sono accorta che intorno a me c’erano tutti i miei personaggi. Almeno… molti. Erano tutte persone di cui avevo scritto i libri. È stato molto straniante».

 

Il mestiere di Francesca Parravicini è scrivere libri senza comparire. Il suo primo libro da ghost – pubblicato da Aliberti nel 2009 – si intitolava In viaggio con Alberto. Parole, storie, ricette della buzzicona che incantò il grande Sordi di Anna Longhi. «È l’unica di cui svelo il nome», dice Parravicini, «perché so che ne sarebbe stata contenta».

 

In sette anni Francesca Parravicini ha scritto una quarantina di libri, con punte di dieci all’anno, molti dei quali per Mondadori, firmati da cantanti, attori, magistrati, sportivi, gente della tv, fotografi, cuochi, insomma da chiunque abbia un po’ di celebrità da spendere sul mercato. «Quando racconto che mestiere faccio, tutti mi chiedono perché non scriva libri miei, come se ci potessi vivere. Certo che scrivo anche cose mie, ma non le divulgo. Penso che alla gente non interessi. Sono molto riservata e non comparire non mi dà problemi, anzi: quello che mi piace è entrare nel personaggio e cercare di restituire la sua voce attraverso la scrittura».

 

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Gen 18 2018

VITTORIO EMANUELE II…FIGLIO DI UN MACELLAIO…

 

IL VITTORIONE

 

 

 

I Savoia potrebbero incazzarsi nel leggere i nostri resoconti di una storia finalmente diversa da quella propinataci dai vari regimi; di una cosa però possono andare orgogliosi: Vittorio Emanuele II non era un Savoia ma, come ci fa sapere Massimo D’Azeglio “… il suo vero padre era un macellaio di Porta Romana a Firenze …” .
Infatti Vittorio Emanuele II era figlio spurio sostituito al vero Vittorio Emanuele quando il vero erede subì ustioni mortali a Poggio Imperiale nel Settembre 1822 .
A Napoli, Vittorio Emanuele II sarebbe stato chiamato “ figlie ‘e zoccola”.
A pag. 11 del libro “Vittorio Emanuele II” di Pier Francesco Gasparetto leggiamo quanto segue:

“Proprio a Poggio Imperiale il piccolo Vittorio corre il primo rischio serio della sua vita. Rischia di finire bruciato vivo nella culla. I fatti, secondo il rapporto del caporale Minutti, vivacizzato da un uso personalissimo della lingua e della punteggiatura e indirizzato ‘All’Illustrissimo Signor Commissario del Quartiere Santo Spirito’, si svolsero in questo modo: “La sera del sedici stante verso le undici e mezzo, la Baglia di Sua Altezza Imperiale e Reale il Principe di Carignano, essendo nel suo appartamento, e volendo con il lume ammazzare le zanzare gli prese fuoco lo zanzariere; ed il vestito che aveva ancora indosso, volendo salvare il Bambino che era in letto acese ancora il medesimo alle grida della medesima accorse delle Cameriste, e altre persone di servizio, e spensero il fuoco, essendo rimasto nel letto mezzo materasso, e la Baglia si dice che stia in pericolo ti vita, stante di essersi bruciata sotto. Che è quanto”.

 

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Gen 17 2018

I SAVOIA ERANO FRANCESI, NON PIEMONTESI

 

 

 

 

I Savoia erano francesi, non piemontesi

 

 

Di Gianni Cecchinato gennaio 08, 2018

 

 

Mi permetto far conoscere un brano estratto da una risposta di Carlo Candiani a Claudio Sacilotto su FaceBook riguardo la lettera di Ettore Beggiato inviata al giornalista Aldo Cazzullo (già al centro di critiche e polemiche sul <venetismo> ospitate tempo fa sulle pagine di “Dal Veneto al Mondo”).

 

Il Premio Nobel Mario Vargas Llosa afferma, nell’intervista rilasciata al giornalista, che in Italia le Regioni non esistono, allora Beggiato si pone la domanda, “se non esistono le Regioni, un Veneto cosa avrebbe in comune con un Tirolese o con un Sardo o con un Siciliano o con uno della Val d’Aosta. Niente se non fosse per una lingua (imposta)”.

 

La risposta di Cazzullo scatena interventi che esulano un po’ dalla natura dell’idea di Beggiato. Mi sono piaciute le risposte di Carlo Candiani che meritano essere riprese per ricordare a quei Veneti, che non conoscono nel dettaglio certi retroscena che portarono all’Unità d’Italia passando per i referendum truffa o per le deportazioni. Purtroppo la storia che ci è stata insegnata, l’hanno scritta i Savoia ad unità avvenuta sia perché erano i vincitori sia perché dovevano nascondere il loro operato per rafforzare la conquista della penisola.

 

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Gen 16 2018

PERCHÉ MI VIENE VOGLIA DI FUGGIRE DALL’ITALIA…

Category: Società e politicagiorgio @ 00:09

 

 

L’UNICO MODO PER RESTARE IN ITALIA È ANDARSENE.

 

L’unico modo per restare in Italia è andarsene. Perché non c’è salvezza.

Il nostro è un Paese intrinsecamente e ormai anche antropologicamente mafioso.

Quando si afferma, con toni trionfalistici o di grande sollievo, che la corruzione recentemente scoperchiata a Roma e chiamata ‘mafia capitale’ non è un fenomeno mafioso perché la magistratura non ha accertato infiltrazioni della Mafia propriamente detta, non ci si rende conto che, così, la cosa è ancora più grave. Perché la mafia, la camorra, la ’ndrangheta, la Santa Corona Unita (in questa specializzazione deteniamo il record del mondo) sono delle organizzazioni strutturate e quindi, almeno teoricamente, individuabili, mentre la corruzione capillare e diffusa è irriconoscibile e non percepibile.

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Gen 15 2018

UGUAGLIANZA, ECCO IL PENSIERO DI MONALDO LEOPARDI, PADRE DI GIACOMO LEOPARDI

 

 

 

 

di MONALDO LEOPARDI*

 

Un piacevole scritto di Monaldo Leopardi (1776 – 1847), padre del ben più famoso Giacomo (1798 – 1837), sull’uguaglianza. Tratto da “Catechismo filosofico per uso delle scuole inferiori”.

 

 

Discepolo.: è vero che tutti gli uomini sono uguali, come ci assicurano i filosofi liberali?

 

Maestro.: Prima di rispondervi, voglio farvi io stesso alcune interrogazioni.

 

M.:È vero che tutti gli uomini sono d’una altezza medesima?

 

D.: Signor no, perché altri sono alti, altri mezzani, altri bassi e questa è la disposizione della natura.

 

M.: è vero che tutti gli uomini hanno una medesima sanità ed una medesima forza?

 

D.: Signor no, perché alcuni sono sani, altri infermi, alcuni sono deboli ed altri gagliardi e questo pure è un altro ordinamento della natura.

 

M.: è vero che tutti gli uomini sieno di una medesima capacità, talento e ingegno?

 

D.: Signor no, perché alcuni sono ingegnosi, altri dotti, alcuni sono stupidi, altri sono ignoranti e questo pure è un ordinamento della natura.

 

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Gen 14 2018

VARCANDO LA PORTA DELLA VITA… PRIMA DELLA LUCE…

Quello che vi presento è un piccolo dialogo filosofico sul nostro destino ultimo, un dialogo tra un credente ed un ateo, ma sorprendentemente preso proprio all’inizio della vita, quando tutto deve ancora compiersi, quando sembrerebbe che si celebri il trionfo della vita.
E’ un racconto che ho raccolto su Facebook, di cui non conosco l’autore ne la provenienza, ma che è davvero superbo nella sua profondità.

 

 

 

PRIMA DELLA LUCE.

.
Nel ventre di una donna incinta si trovavano due bebè. Uno di loro chiese all’altro:
« Tu credi nella vita dopo il parto?»
« Certo. Qualcosa deve esserci dopo il parto. Forse siamo qui per prepararci per quello che saremo più tardi.»
« Sciocchezze! Non c’è una vita dopo il parto. Come sarebbe quella vita?»
« Non lo so, ma sicuramente… ci sarà più luce che qua. Magari cammineremo con le nostre gambe e ci ciberemo dalla bocca. »
« Ma è assurdo! Camminare è impossibile. E mangiare dalla bocca? Ridicolo! Il cordone ombelicale è la via d’alimentazione … Ti dico una cosa: la vita dopo il parto è da escludere. Il cordone ombelicale è troppo corto.»
« Invece io credo che debba esserci qualcosa. E forse sarà diverso da quello cui siamo abituati ad avere qui.»
« Però nessuno è tornato dall’aldilà, dopo il parto. Il parto è la fine della vita. E in fin dei conti, la vita non è altro che un’angosciante esistenza nel buio che ci porta al nulla.»
« Beh, io non so esattamente come sarà dopo il parto, ma sicuramente vedremmo la mamma e lei si prenderà cura di noi.»
« Mamma? Tu credi nella mamma? E dove credi che sia lei ora? »
« Dove? Tutta in torno a noi! E’ in lei e grazie a lei che viviamo. Senza di lei tutto questo mondo non esisterebbe.»
« Eppure io non ci credo! Non ho mai visto la mamma, per cui, è logico che non esista. »
« Ok, ma a volte, quando siamo in silenzio, si riesce a sentirla o percepire come accarezza il nostro mondo. Sai? … Io penso che ci sia una vita reale che ci aspetta e che ora soltanto stiamo preparandoci per essa … »

 

Alcune riflessioni.

 

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